Rock News
11/05/2021
L’8 aprile 1994 Kurt Cobain viene trovato morto nella sua villa di Seattle al numero 171 di Lake Washington Boulevard da Gary Smith, un elettricista incaricato di installare un sistema di sicurezza. Quando entra nella stanza sopra al garage, Smith vede Cobain sdraiato sul pavimento e pensa che stia dormendo, finché non vede il fucile Remington M-11 con i colpi ancora in canna puntato contro il suo volto e un bossolo di fianco alle sue Converse nere. Viene ritrovata anche una lettera di addio, infilzata con una penna biro nella terra di un vaso e indirizzata al suo amico immaginario d’infanzia, Boddah.
Kurt Cobain ha ancora legato al polso il braccialetto dell’Exodus Recovery Center di Marina del Rey a Los Angeles, il centro di disintossicazione da cui è scappato il 31 marzo solo un giorno dopo essere entrato, scavalcando il muro di recinzione e prendendo un taxi fino all’aeroporto per salire su un volo per Seattle. Il coroner certifica che la morte è avvenuta tre giorni prima, il 5 aprile. La polizia chiude il caso come suicidio con arma da fuoco. Da quel giorno, secondo quanto ha dichiarato il Seattle Police Department riceve almeno una richiesta a settimana di riaprire il caso.
Tutte queste richieste sono state raccolte dall’FBI in un file che è stato reso pubblico per la prima volta pochi giorni fa. Oltre dieci pagine di lettere e documenti presentati da persone che chiedono all’FBI di riaprire il caso. Il documenti sono consultabili a QUESTO LINK
Nel 2014 è stato sviluppato l’ultimo rullino di foto scattate dai poliziotti sulla scena (nessuno sa perché non sia mai stato fatto prima), una serie di immagini affidate al detective Mike Ciesynski, esperto di cold case che dopo averle esaminate ha confermato il suicidio.
Da allora sono nate numerose teorie cospirazioniste, e in molti affermano che si sia trattato di un omicidio. Tra questi ci sono Tom Grant, l’investigatore privato assunto da Courtney Love per cercare Kurt il 3 aprile 1994, subito dopo il suo ritorno a Seattle e il giornalista indipendente Richard Lee che in base a delle immagini girate da un fan appostato fuori dalla casa, scrive un articolo intitolato “Chi ha ucciso Kurt Cobain?” sostenendo l’incompatibilità della modalità di suicidio (un colpo in testa) con la scarsa presenza di sangue sul pavimento. Gli esperti di balistica smentiscono, creando ulteriore morbosità intorno al tragico gesto di Kurt: in caso di colpo indirizzato al mento, il sangue non fuoriesce in grande quantità. Da allora Richard Lee ha creato uno show intitolato Now See it Person to Person: Kurt Cobain Was Murderd e continua la sua controversa attività: nel 2000 Krist Novoselic ha ottenuto dal giudice un ordine di allontanamento verso di lui, nel 2004 è stato arrestato per aver avvicinato Courtney Love senza autorizzazione durante un processo per chiederle: perché hai ucciso Kurt?
Una teoria senza alcun riscontro portata avanti anche da Nick Broomflied nel documentario “Kurt and Courtney” in cui si dice che Courtney avrebbe pagato 50mila dollari a un ex musicista di Los Angeles per uccidere Kurt e impedirgli di divorziare. Anche Tom Grant non si è mai dato pace, spalleggiato dai giornalisti Max Wallace e Ian Alperine (autori del libro Love and Death, The Murder of Kurt Cobain nel 2004), che da anni indagano sulle contraddizioni riscontrate sulla scena del crimine che escludono il suicidio: la quantità di eroina ritrovata nel corpo di Kurt non gli avrebbe permesso di sparare un colpo di fucile, sul Remington non ci sono impronte digitali chiare, la lettera di addio sembra scritta da due mani diverse e qualcuno ha cercato di usare le carte di credito di Kurt nei giorni successivi alla sua morte. «Milioni di fan vorrebbero fare chiarezza su questa ingiustizia» si legge nel file dell’FBI che raccoglie le tesi di Grant, Lee e tra gli altri anche della casa di produzione della serie televisiva Unsolved Mysteries. L’assenza di prove non consente la riapertura del caso.
Rock News