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Linkin Park, Mike Shinoda racconta i segreti della registrazione di In The End: "Chester era nato per urlare quel ritornello"

Il fondatore della band: "Quanto tirava fuori la voce in quel brano vedevo che era felice come non era mai stato"

Linkin Park, Mike Shinoda racconta i segreti della registrazione di In The End: "Chester era nato per urlare quel ritornello"

20/03/2025

All’inizio del nuovo millennio, il 24 ottobre del 2000 una band di ragazzi giovanissimi partendo dalla lezione del Nu Metal crea un nuovo linguaggio rock che conquista subito una generazione in America: sono i Linkin Park che esordiscono con un album che vola al numero due in classifica, vince un Grammy Award e vende in totale 32 milioni di copie, Hybrid Theory. La band è stata fondata da Mike Shinoda con il nome di Xero insieme al chitarrista Brad Delson e al Dj Joe Hahn, poi i discografici della etichetta Zomba Records consigliano a Shinoda un cantante dell’Arizona con una incredibile estensione vocale metal, Chester Bennington e tutto cambia: sul muro dei suoni dei Linkin Park arrivano i testi realistici e le storie di vita, disagio e speranza di Chester, Hybrid Theory, entra alla posizione n.16 in classifica ma poi comincia a salire e alla fine del 2001 è il disco più venduto in America. «Parliamo di emozioni che proviamo tutti i giorni e che abbiamo bisogno di condividere» dice Mike Shinoda al pubblico che si ritrova alla perfezione nell’immagine e nello stile della band, che sembra arrivare da un qualsiasi skate park americano (Linkin Park è la storpiatura del nome Lincoln Park, usato per nominare i parchi pubblici in ogni città americana), nei corridoi dei licei o nelle camere da letto degli adolescenti nelle villette di periferia, in cui insieme agli strumenti rock come batteria e chitarra c’è sempre un giradischi, un campionatore e un sintetizzatore digitale.

C’è un brano che entra a far parte della vita di una generazione, il quarto e ultimo singolo estratto da Hybrid Theory, In the End, numero due in America e nella top 10 di molti paesi nel mondo. Nel corso di un'intervista di qualche anno fa con il conduttore radiofonico Howard Stern, Mike Shinoda ha raccontato di aver scritto il pezzo in un momento di sconforto e di crisi personale, senza avere la minima idea di aver creato la hit del decennio: «Non mi sembrava così grande, non sapevo neanche come si scrivesse un singolo di successo. Ero troppo giovane. Cercavamo di creare un’identità alla band e pensavo che non avrebbe mai funzionato». Mike Shinoda ha raccontato di aver scritto l’intro di pianoforte, e poi di aver passato tutta la notte in studio: «L’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento. Ho lavorato tutta la notte, e il giorno dopo avevamo il ritornello». La potenza di Chester Bennigton, la sua rabbia e l’espressività del suo modo di cantare quel ritornello fanno diventare In the End la canzone simbolo dei Linkin Park. «La cosa che mi rende più felice è che quella canzone che ho scritto in un momento di sconforto ha mostrato a Chester quale era il vero scopo della sua vita» ha detto Mike Shinoda ad Howard Stern, «Era nato per cantare, per stare sul palco e comunicare con il pubblico. Quanto tirava fuori la voce per il ritornello di In the End, io vedevo che era felice come non era mai stato». 

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