Rock News
08/05/2025
Il 25 novembre 1974 nei Sigma Studios di Philadelphia, si incontrano in modo del tutto casuale due universi rock’n’roll completamente opposti, destinati a cambiare il mondo ma non a comunicare tra loro, quello di David Bowie e Bruce Springsteen.
David Bowie è negli studi dove è nato il suono soul di Philadelphia (grazie alla Philadelphia International Record di Kenneth Gamble e leon Huff) per registrare l’album Young Americans che segna la scoperta della musica black americana e la creazione di un nuovo genere da lui definito “plastic soul” e la nascita di una nuova maschera, quella algida, intellettuale, distaccata e trasgressiva del Thin White Duke, il Duca Bianco perso nelle dipendenze e completamente distaccato dalla realtà. Un’operazione artistica straordinaria che lancia Bowie appena uscito dalla fantasia aliena di Ziggy Stardust e dalla distopia di Diamond Dogs nella top 10 americana, grazie anche alla collaborazione con John Lennon nel singolo Fame.
Bruce Springsteen invece è un outsider delle zone dimenticate del New Jersey che lotta per sfuggire al nulla a cui è destinato usando la chitarra come strumento di libertà e costruisce la sua epica dei perdenti riscattati dal rock attraverso narrazioni sulla vita, il lavoro, la solitudine e l’amore, riversando tutto sé stesso sul palco nei concerti con la E Street Band.
Sta cercando di costruire un percorso verso il successo basato sull’autenticità, che arriva alla fine della strada “su cui corriamo stanotte in cerca della terra promessa” raccontata in Thunder Road nell’album della svolta, Born to Run del 1975.
David Bowie ha scoperto Bruce Springsteen con il suo primo album Greetings From Asbury Park, N.J. un insieme di racconti di quotidiana desolazione e redenzione in cui mischia generi musicali, dal folk al soul al jazz. C’è un pezzo che Bruce ha presentato nella sua prima audizione con la Columbia Records e che ha convinto subito i discografici a fargli un contratto, la dolente, drammatica e travolgente ballad acustica Growin Up. Durante le session di Diamond Dogs, David Bowie ha registrato una cover di Growin Up con Ron Wood alla chitarra (allora membro dei Faces) e un anno dopo, mentre registra Young Americans ai Sigma Sound Studios, prova anche una sua versione dell’ultimo pezzo del disco di debutto di Bruce, It’s Hard to Be a Saint in the City.
Secondo la leggenda un amico Dj radiofonico gli chiede: «Vuoi che dica a Bruce di venire qui?». Springsteen prende un autobus, arriva in studio per incontrare la star del rock inglese, che si presenta in ritardo «E indossando una parrucca» come ha raccontato Bowie. «Ero andato a vederlo in concerto, non mi piacevano le sue performance folk, quando cantava e suonava da solo in stile Dylan, ma appena usciva la band e cominciava a fare rock era meraviglioso». L’incontro tra Bowie e Bruce non va nel migliore del modi: «Era il momento sbagliato, non avevamo niente in comune» ha detto Bowie, che ha anche ammesso di ricordare poco di quel giorno, come di tutto quel periodo della sua vita in cui come ha era “perso dietro agli alieni.” «Si vedeva chiaramente che lui pensava: chi è questo pazzo? E io mi dicevo: come si fa a comunicare con le persone normali?»
Alla fine, Growin Up rimane inedita fino a una riedizione di Diamond Dogs per il trentesimo anniversario (e anche in una edizione del suo album di cover Pin Ups), mentre It’s Hard to Be a Saint in the City, che Bowie non ha fatto ascoltare a Bruce a Philadelphia («Perché non ero soddisfatto») esce nel cofanetto Sound + Vision del 1989.
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