Rock News
20/12/2019
In una nuova intervista pubblicata sul suo podcast Digging Deep, Robert Plant ha deciso di parlare di quello che forse è stato il momento più complicato e delicato della sua vita, ossia quello dopo la morte di John Bonham e la successiva fine della sua esperienza con i Led Zeppelin. Per il leggendario frontman non è stato affatto semplice intraprendere la carriera solista e all’inizio ha vissuto dei momenti davvero difficili.
“Nell’81, ’82 e ’83 ho cercato disperatamente di scrivere nuove canzoni per allontanarmi dalla mia prima esperienza musicale – ha spiegato il cantante – a dirla tutta, molti anni prima di allora andai ai Rockfield Studios di Monmouth, in Galles, dove Dave Edmunds (musicista gallese ndr) stava registrando I Knew the Bride When She Used to Rock ‘n’ Roll e roba del genere. Il suo contratto con l’etichetta RCA stava per scadere e io adoravo la sfacciataggine del suo rock ‘n’ roll. Sembrava come quello degli anni ’60 proveniente da Nashville e Edmunds era al comando di quel genere. Aveva davvero una band grandiosa”.
“Così andai ai Rockfield Studios – ha proseguito Plant – il posto mi piacque molto. Incontrai Dave e lo convinsi a firmare per la Swan Song Records e poi ho proseguito con i miei affari, lui ha riscosso un grande successo e ha vissuto un bel periodo. Io ero solito passare spesso da quelle parti perché il confine con il Galles per me è una sorta di mana e inoltre laggiù ci sono posti davvero belli”. Se il musicista ha fatto tutta questa premessa c’è un perché: ai Rockfield Studios poi ci tornò per ripartire da zero. “Alla fine del 1980 non avevo un posto dove andare – ha raccontato ancora – i Led Zeppelin erano finiti, John era morto, così ho formato una band chiamata Honeydrippers”.
Fu proprio con questo gruppo che Robert Plant ricominciò a esibirsi live, anche se in posti ben lontani da quelli ai quali era abituato con i Led Zeppelin: “Suonavamo gratis nei club in tutta l’Inghilterra – ha spiegato – era una band grandiosa perché era composta da grandi musicisti. Robbie Blunt e Andy Silvester erano i due chitarristi, erano entrambi musicisti straordinari e lo sono tuttora”. Prima di suonare in un club, però, la band adottò uno stratagemma per scoprire se il pubblico fosse o meno a conoscenza dell’arrivo di Robert Plant: “Il nostro autista andava all’entrata e chiedeva ‘Chi suona qui stasera?’ – ha spiegato – se menzionavano il mio nome ce ne andavamo”. L’intento degli Honeydrippers era quello di suonare la musica che volevano e non quella appartenente al passato di Plant; inoltre non volevano attirare l’attenzione del grande pubblico per la sua presenza.
Poco tempo dopo, però, Plant e i suoi compagni si resero conto che non avrebbero potuto andare avanti così a lungo, suonando sempre le stesse cover negli stessi piccoli club, davanti a una decina di persone. Così l’ex cantante degli Zeppelin decise di formare una vera e propria band con dei pezzi originali: “Andai ai Rockfield Studios, o meglio, andai in quelli che oggi sono conosciuti come Monnow Valley Studios – ha raccontato ancora, ricollegandosi alla premessa – e ho messo su un gruppo insieme a Cozy Powell, Paul Martinez, Robbie Blunt e Andy Silvester che, per iniziare, suonò il basso”.
“Conobbi Andy quando suonava in un gruppo chiamato The Shades of Blue che si esibiva nella Black Country – ha proseguito Plant – era un gruppo favoloso che suonava roba R&B davvero forte. E fu così che formammo questa band, iniziammo a scrivere canzoni che ci vennero fuori così, per caso. Alla fine Andy però decise di tirarsi indietro e così al suo posto al basso arrivò Paul Martinez. A quel punto ci chiudemmo in studio e iniziammo a registrare”. Gli Honeydrippers, dunque, rappresentarono per Robert Plant un nuovo inizio, il punto di partenza per quella che è poi stata la sua carriera senza i Led Zeppelin.
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