Rock News
30/10/2024
Il rapporto tra il più famoso scrittore di romanzi horror, Stephen King e il rock è profondo e dura fin dall’inizio della sua carriera. Comincia con l’ammirazione e l’ispirazione reciproca con i Ramones, che scrivono la colonna sonora del film Pet Sematary nel 1989 dopo una serata trascorsa nella sua casa nel Maine (si dice che Stephen King abbia regalato a Dee Dee Ramone una copia del suo romanzo, e lui abbia scritto il testo in un’ora dopo) e continua con Don’t Fear the Reaper il brano dei Blue Oyster Cult scritto da Buck Dharma in realtà come una riflessione sull’amore eterno e dell’inevitabilità della morte
Stephen King ha citato Don’t Fear the Reaper come fonte di ispirazione del romanzo L’ombra dello Scorpione del 1978, fondamentale per superare il blocco dello scrittore che lo aveva colpito.
Anche per questo, Stephen King viene intervistato ad ogni Halloween da ogni rivista musicale, per parlare di musica, cinema e della storia dei film horror. «Nella vita di tutti arriva un momento in cui devi confrontarti con qualcosa di inspiegabile» ha detto una volta, «Sia che si parli di mostri, vampiri o assassini, l’argomento è sempre lo stesso: l’intrusione di un elemento straordinario nel quotidiano, e il modo in cui lo affrontiamo. Ciò che questa situazione svela del nostro carattere e del modo di interagire con gli altri è quello che mi interessa davvero».
Quest’anno invece lo scrittore ha voluto raccontarsi direttamente con un breve saggio pubblicato dalla rivista di cinema Variety in cui ha risposto ad una delle domande che gli vengono fatte da sempre: qual è il film horror che gli fa più paura? «Ho pensato molto a questa domanda, forse più di quanto l’argomento meriti» ha scritto Stephen King, «Sono arrivato alla conclusione che il livello di terrore vari a seconda dell’età: a sedici anni il film più spaventoso di tutti era The Haunting di Robert Wise (Gli Invasati, horrror del 1963 che ha lanciato il genere della casa infestata dai famtasmi), da adulto è The Blair Witch Project, con il suo senso di destino ineluttabile che monta e quei trentacinque secondi finali davvero orribili. Ma se dovessi sceglierne solo uno, direi La notte dei morti viventi, il capolavoro a basso budget di George A. Romero. Ci sono dei momenti di puro terrore atavico».
La Notte dei Morti Viventi uscito nel 1968 ha creato il genere degli zombie (che nella visione di Romero erano una metafora della paranoia creata dalla guerra fredda e dal conflitto in Vietnam e del razzismo della società americana) ed è stato un enorme successo in tutto il mondo. Romero era un pubblicitario, ha deciso di girare il film raccogliendo tra amici e investitori della sua agenzia Image Ten circa 110 mia dollari, guadagnando diciotto milioni di dollari con gli incassi.
«Oggi La notte dei Morti Viventi ha perso molto del suo potere, è diventato quasi come The Rocky Horror Picture Show, ma io ricordo ancora il terrore e il senso di impotenza che ho provato la prima volta che l’ho visto» ha detto Stepehen King. Blair With Project, scritto diretto e montato con un budget minimo da due registi al primo film, Daniel Myrick e Eduardo Sanchez e interpretato da tre attori esordienti nel ruolo di sé stessi è stato un fenomeno mondiale nel 1999 (premiato a Cannes con il Premio Giovani). «In entrambi i film c’è pochissima musica, attori sconosciuti su cui nessuno punterebbe, e non ci sono effetti speciali» ha detto Stephen King «Funzionano proprio per questo».
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