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The Rolling Stones, il problema di Mick Jagger con gli Oasis: "Comunicavano quasi sempre nel modo sbagliato"
Il rocker inglese: "A New York insultarono il pubblico perché secondo loro non erano abbastanza rumorosi"
La scena Britpop di metà anni 90 con cui una generazione di band ha voluto rimettere la musica britannica al centro del mondo dopo l’esplosione dell’indie americano e del grunge si basa sulla rivendicazione di tutto quello che è inglese nel suono e nell’estetica. I Blur si ispirano al surrealismo pop e alle melodie dei Kinks e all’energia elettrica degli Who (un’influenza rivendicata da Damon Albarn chiamando l’attore protagonista di Quadrophenia Phil Daniels a cantare al posto suo nel singolo Parklife), le band di Manchester come Stone Roses e Happy Mondays celebrano le melodie e il realismo degli Smiths e il calore blues-rock dei Rolling Stones, i Pulp amano il post punk di The Fall e degli XTC di Andy Partridge, gli Suede riprendono l’immaginario glam rock di Marc Bolan e David Bowie, e gli Oasis non hanno mai fatto mistero della loro venerazione per i Beatles.
Noel Gallagher ha scritto il testo di Wonderwall ispirandosi ad un album solista psichedelico di George Harrison, Wonderwall Music, Liam Gallagher ha persino chiamato il suo secondo figlio Lennon Francis Gallagher in onore di quello che secondo lui è «Il più grande cantante rock di tutti i tempi», John Lennon e in generale la band ha sempre celebrato il genio della band senza la quale, come hanno scherzato spesso: «Noi non avremmo canzoni». «Non si può minimamente paragonare una band di oggi ad una degli anni 60» ha detto una volta Noel Gallagher, «Perché la musica non ha lo stesso significato. Ecco perché non ci sarà mai più una band come i Beatles».
La passione degli Oasis però non è mai stata ricambiata dai Beatles stessi, e nemmeno dalle altre grandi band della British Invasion dei primi anni ’60, l’ondata di band britanniche (Beatles, Rolling Stones, Kinks, Animals, Yadrbirds, Dave Clark Five, Who) che hanno cambiato per sempre la storia della musica riportando il rock’n’roll nella sua terra di origine, l’America e che tante similitudini ha con il movimento Britpop anni 90.
George Harrison una volta ha detto degli Oasis: «La loro musica manca di profondità e il cantante Liam è un vero problema il resto della band non ha bisogno di lui». Persino un signore come Paul McCartney è rimasto poco impressionato da loro, e non ha mai apprezzato il loro atteggiamento arrogante: «Sono derivativi e pensano troppo a sé stessi. Non mi dicono molto». Mick Jagger invece ha criticato gli Oasis soprattutto per il modo di stare sul palco. Secondo il leader dei Rolling Stones, il rock’n’roll dal vivo deve essere uno spettacolo tavolgente, la celebrazione di un’energia che dalla band arriva al pubblico attraverso la musica e viceversa. «Gli Oasis non si muovono» ha detto invece una volta a proposito della band dei fratelli Gallagher, «Non voglio dire che non comunicano. A volte lo fanno, ma quasi sempre nel modo sbagliato». Jagger è rimasto colpito da un episodio avvenuto durante il problematico tour americano degli Oasis del 1994 (raccontato nel documentario Supersonic) che gli ha impedito di avere successo in America, e al termine del quale Noel ha lasciato per un periodo la band: «A New York hanno insultato il pubblico perché secondo loro non erano abbastanza rumorosi. “Fate schifo”. È una cosa che non si fa da nessuna parte, ma soprattutto a New York». In un’intervista nel 1997 Mick Jagger ha anche dato il giudizio definitivo su Be Here Now il terzo album degli Oasis: «E’ un disco impossibile, non si può ballare».