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La storia della nascita di Nevermind, il capolavoro definitivo dei Nirvana pieno della rabbia di Kurt Cobain

Redazione Virgin Radio

Da piccola band di Seattle i Nirvana si trasformano in pochissime settimane in punto di riferimento mondiale in classifica

Ci sono tanti modi per spiegare quello che succede il 24 settembre 1991 quando esce Nevermind dei Nirvana: la rabbia di una band underground che esplode nel mainstream con una forza mai sentita prima, il secondo disco della migliore band uscita dalla scena indie rock di Seattle che viene definita “grunge”, il primo disco di Dave Grohl oppure un tradimento, come diceva Kurt Cobain.

Nel 1990 i Nirvana sono una band quasi sconosciuta che ha pubblicato il primo album Bleach con un’etichetta indipendente, la Sub Pop di Seattle, attraversano gli Stati Uniti in macchina fino a Madison nel Wisconsin per lavorare con il produttore Butch Vig, registrano un demo, poi firmano con l’etichetta major Geffen e il loro budget si moltiplica per dieci, entrano ai Sound City Studios di Van Nuys in California («Un posto piccolo e incasinato» ha raccontato Dave Grohl, «Ma era comunque lo studio più professionale in cui fossi mai stato in vita mia») e costruiscono un disco che all’inizio entra in classifica al numero 144, poi dopo l’uscita del singolo Smells Like Teen Spirit il 10 settembre (di cui Kurt Cobain dice: “Cercavo solo di scrivere la canzone pop definitiva”) nel gennaio 1992 spazza via il pop dalle classifiche americane scalzando Dangerous di Michael Jackson e cambia il rock del decennio.

La DGC che ha messo sotto contratto i Nirvana per conto della Geffen aveva previsto di vendere 250.000 copie, la stessa cifra di Goo dei Sonic Youth, uscito un anno prima. Intorno a natale del 1991, l’album vendeva invece ad un ritmo di 400.000 copie a settimana, arrivando a sette milioni di copie negli Stati Uniti e un totale di trenta nel mondo.

La ragione del successo di Nevermind è immediata: le canzoni sono abbastanza semplici, con una struttura classica strofa-ritornello, e anche se vengono suonate con una rabbia mai sentita prima rimangono piene di melodia. Anche se non ne ha nessuna voglia, Kurt Cobain diventa una rockstar: “Sono solo il portavoce di me stesso. Anche se molti ragazzi ascoltano ciò che dico, io sono confuso esattamente come loro” dice nelle interviste.

Kurt Cobain sente crescere il contrasto tra la sua voglia di fare musica e quella di non tradire sé stesso, la sua identità artistica e la sua ispirazione punk e all’inizio voleva intitolare l’album ”Sheep” cioè “pecore.” Sarà proprio questo contrasto tra il suo desiderio di essere artista puro e l’etichetta di idolo di una generazione che gli viene appiccicata addosso dai media a trascinarlo verso una fine drammatica. I Nirvana sono il prodotto di un’anima tormentata che si sente incompresa ma finisce per essere amata da tutti, anche se non vuole. Tutto il talento musicale e la sensibilità di Kurt Cobain sono racchiuse nelle dodici canzoni di un album che segna il vertice espressivo del rock alternativo anni ’90 e diventa uno dei dischi più importanti di tutti i tempi.

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