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Machine Gun Kelly e il rapporto coi suoi genitori: "Erano estremamente religiosi, questo mi ha fatto ribellare completamente"

Redazione Virgin Radio

Il rocker sul padre scomparso nel 2020: "non mi lasciava nemmeno tenere una penna in mano come volevo. Ma prima della sua scomparsa sono riuscito a chiedergli scusa"

Machine Gun Kelly ha costruito il suo personaggio intorno all’immagine del ribelle, nella sua prima carriera come rapper, e ora con la sua nuova identità pop-punk. Nato nel 1990 a Houston con il nome di Colston Baker, cresciuto a Denver e Cleveland, ha esordito vincendo una battaglia tra rapper al leggendario Apollo Theater di New York nel 2009 e poi ha scelto come nickname il nome di un celebre gangster americano degli anni del Proibizionismo, arrestato nel 1933. I

n una recente intervista, Machine Gun Kelly ha spiegato che il suo personaggio e i testi diretti e personali delle sue canzoni sono un risultato della sua educazione: «I miei genitori erano estremamente religiosi, e questo mi ha fatto ribellare completamente» ha detto. Il padre e la madre erano missionari, da bambino lo hanno portato con loro nei loro viaggi nel mondo, dall’Egitto (dove ha imparato a parlare arabo prima dell’inglese) all’Europa, prima di stabilirsi in Colorado. Dopo il divorzio dei genitori, Machine Gun Kelly vive con il padre a casa di uno zio, si appassiona all’hip-hop ascoltando l’album The Great Depression di DMX e ha un rapporto sempre più complicato con le regole e l’educazione: «Mio padre non mi lasciava neanche tenere la penna in mano nel modo in cui volevo tenerla. Questo ha tagliato ogni comunicazione e mi ha reso un ribelle definitivo».

Machine Gun Kelly si è portato dietro questo conflitto durante tutta la sua carriera musicale, fino all’album che ha sancito la sua trasformazione in artista pop-punk, Hotel Diablo realizzato nel 2019 con la collaborazione di Yungblud e Travis Barker: «L’album in cui sono riuscito a parlare di tutta la mia vita e a dire tutto quello che volevo dire». Il padre è scomparso nel 2020 e Machine Gun Kelly ha raccontato nelle interviste di aver iniziato una terapia per superare e accettare la sua perdita: «Alla fine sono riuscito a chiedergli scusa per essere stato così ribelle e incontrollabile» ha detto alla rivista People, «Ci sono voluti venticinque anni per trovare un punto di incontro e avere un rapporto, prima della sua fine».

Machine Gun Kelly ha anche parlato della responsabilità che sente di avere nei confronti dei ragazzi che lo seguono e ascoltano i suoi dischi e di voler essere un esempio raccontando anche il modo in cui ha deciso di affrontare i suoi problemi: «Ho fatto molta terapia e mi è servita a combattere i demoni. È stata un’esperienza potente» ha detto, «Sono riuscito anche a controllare la mia dipendenza dai farmaci: dici a te stesso che senza le pillole non sei in grado di fare musica, ma la musica è sempre stata dentro di te. Se non fosse così, tutti quelli che prendono pillole dovrebbero scrivere canzoni e registrare album». 

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