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Tears In Heaven, il commovente dono di Eric Clapton per la tragica scomparsa di suo figlio

Redazione Virgin Radio

La storia di uno dei brani più belli e potenti mai scritti dal grande Slowhand in ricordo del suo piccolo bimbo, morto a soli 4 anni

È la canzone che forse rappresenta come nessun altra il significato più profondo del blues, il superamento del dolore.

È Tears in Heaven di Eric Clapton, scritta insieme al cantautore Will Jennings per la colonna sonora del film Rush nel 1991, la canzone che secondo Clapton «Non doveva neanche essere pubblicata».

È dedicata a suo figlio di 4 anni, Conor Loren Clapton, morto il 20 marzo 1991 dopo essere caduto da una finestra lasciata aperta nell’appartamento al 53esimo piano di un palazzo di Manhattan, a New York in cui si trova insieme alla madre, l’attrice italiana Lory Del Santo (che Clapton ha conosciuto nel 1985 a Milano) e una babysitter.

Eric Clapton viveva in un hotel poco distante e si stava preparando per passarlo a prendere e portarlo al Central Park Zoo. «Quando sono entrato nell’appartamento, ormai pieno di medici e poliziotti mi sembrava di essere entrato nella vita di qualcun altro. Mi sono chiuso immediatamente al mondo esterno» ha raccontato in un’intervista «Ho scritto Tears in Heaven per non impazzire. La suonavo a me stesso in continuazione finché è diventata parte di me». Diventa il suo più grande successo in America, (n.2 in classifica) arriva nella Top Ten in oltre venti paesi nel mondo, raggiunge il n.5 in Inghilterra, viene premiata con tre Grammy Awards ed entra nella storia per la versione struggente e sublime che Clapton fa durante le registrazioni a Londra del suo album Unplugged nel gennaio 1992.

Il funerale di Conor si svolge due giorni prima del suo 46esimo compleanno, e subito dopo Clapton si isola nella sua casa in Inghilterra.

È sobrio da tre anni perché come ha raccontato: «Non volevo che Conor avesse di me l’immagine di quello che ero prima» e da quella tragedia trova la forza per continuare il suo percorso, che lo porterà nel 1998 a fondare il centro di recupero Crossroads ad Antigua.

Un giorno chiama Will Jennings (che conosce per il suo lavoro con Steve Winwood: «Mi ha detto: “Voglio scrivere una canzone per il mio ragazzo” Aveva scritto la prima strofa, che per me è tutta la canzone: “Conoscerai il mio nome se dovessi vederti in paradiso? Sarebbe lo stesso se dovessi vederti in paradiso?” e mi ha chiesto di comporre il resto. Io non volevo perché era troppo personale, ma ho capito non c’era altro da fare, dovevo aiutarlo». Clapton scrive anche un’altra canzone, Circus Left Town in cui racconta una giornata passata al circo con Conor. L’occasione per registrare Tears in Heaven viene da un impegno che Clapton ha preso in precedenza, scrivere la colonna sonora del film Rush, un poliziesco con Jennifer Jason Leigh e Jason Patric ambientato in Texas alla fine degli anni ’70.«Avevo la musica in testa, era l’unica cosa che poteva curare il mio dolore» ha detto Clapton «Mi mancava un motivo per registrarla».

È incredibile pensare che un pezzo così intenso e profondo, nato da una tragedia indicibile, sia stato pubblicato per la prima volta nella colonna sonora di un film insieme ad altri classici come Free Bird dei Lynyrd Skynyrd e la cover di All Along the Watchtower di Bob Dylan fatta da Jimi Hendrix e ad una collaborazione storica tra Clapton e Buddy Guy in Don’t Know Which Way to Go.

Eric Clapton non suona Tears in Heaven dal vivo da anni e ha detto che non lo farà più, perché è riuscito a superare quel dolore e non vuole più riviverlo. Will Jennings che era insieme a lui il giorno in cui l’ha registrata ha detto: «Non ho mai vissuto un’esperienza più intensa di Tears in Heaven»

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