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Pearl Jam: 5 curiosità da sapere sul nuovo album Gigaton. Scoprile qui

L’undicesimo album della band è un lavoro sperimentale che ha visto la partecipazione attiva di tutti i componenti del gruppo

Pearl Jam: 5 curiosità da sapere sul nuovo album Gigaton. Scoprile qui

31/03/2020

Il 27 marzo i Pearl Jam hanno finalmente pubblicato il loro tanto atteso undicesimo album intitolato Gigaton, un disco che arriva a sette anni di distanza dall’ultimo, Lightning Bolt, uscito nel 2013. In questo nuovo lavoro, anticipato dai singoli Dance of the Clairvoyants, Superblood Wolfmoon e il più recente Quick Escape, la band ha detto di aver sperimentato molto e lasciato ampio spazio alla creatività, per un totale di 12 pezzi e una durata complessiva di 57 minuti.

LA COPERTINA

Prodotto da Josh Evans, questo album nasconde alcune curiosità davvero interessanti, a partire dall’artwork della copertina: opera del fotografo canadese, nonché biologo marino, Paul Nicklen, questa foto è stata scattata a Svalbard, in Norvegia, nel 2014 ed è stata intitolata Ice Waterfall. Il motivo della scelta di questa foto è semplice: il “Gigaton”, in italiano “gigatone”, è un’unità di misura usata, tra le altre cose, anche per determinare lo scioglimento dei ghiacciai. Insomma, né la cover né il titolo dell’album sono stati scelti a caso, in quanto le sorti del nostro Pianeta sono tra gli argomenti dell’album stesso, oltre che tra quelli che da sempre stanno a cuore ai Pearl Jam.

NON È UN CONCEPT ALBUM

A questo punto viene spontaneo chiedersi: ma allora Gigaton è un concept album? Di certo l’ambiente e gli effetti dei cambiamenti climatici, come abbiamo detto, sono temi ricorrenti, ma sarebbe esagerato definirlo concept album, in quanto alcuni brani si discostano molto da questa atmosfera di denuncia della situazione.

IL TRIBUTO A CHRIS CORNELL

In molti testi emerge il messaggio di speranza di Eddie Vedder, senza contare il possibile tributo a Chris Cornell nascosto in alcune canzoni, come in Comes Then Goes e in River Cross. La band non lo ha mai dichiarato apertamente, ma alcuni versi di queste canzoni sembrano proprio riferirsi al loro grande amico scomparso troppo presto, lasciando un vuoto nelle loro vite.

LA POLITICA NEI TESTI

Bisogna poi considerare anche i numerosi riferimenti alla politica: se in Riot Act i Pearl Jam si sono scagliati contro Bush, in Gigaton l’inevitabile bersaglio è Donald Trump, al quale sono dedicati alcuni versi carichi di sdegno, ad esempio, in Seven O’ Clock, dove Eddie Vedder, citando il famoso capo indiano Toro Seduto, chiama il tycoon “our own sitting president”, “il nostro presidente seduto”. In Quick Escape il riferimento all’attuale presidente statunitense è ancora più evidente: “The lenghts we had to go then – canta Vedder – to find a place Trump hadn’t f***ed up yet”. Questa è una frase che si riallaccia certamente anche al tema dell’ambiente; tuttavia, per la presenza di così tante sfaccettature diverse, è un po’ azzardato, insomma, definire Gigaton come un concept album.

LA COMPOSIZIONE

Questo disco dura quasi un’ora, è il più lungo della loro carriera. Ma in realtà questa durata non pesa mentre le canzoni scorrono: di certo è consigliabile ascoltarlo più volte per poterne cogliere tutte le sfumature che confermano ciò che Vedder e compagni hanno annunciato, ossia tanta sperimentazione e il desiderio di andare oltre i sentieri già battuti in tanti anni di carriera. Come ha raccontato Evans, i Pearl Jam hanno registrato alcune canzoni tutti insieme, mentre altre sono state create in modo più sperimentale, come una sorta di collage in cui sono state poi assemblate tutte le parti scritte dai vari componenti della band. “Non c’erano regole a proposito di chi avrebbe dovuto suonare un determinato strumento – ha spiegato il produttore – o avanzare proposte di testi o melodie, ogni cosa è stata fatta con la partecipazione di ognuno di loro”. A perfezionare il tutto, poi, ci ha pensato lo stesso Evans con un grande lavoro di produzione.

E i Pearl Jam sono davvero fieri di questo lavoro, proprio perché, come ha spiegato Jeff Ament, sono riusciti ad “aprire nuove porte a livello creativo” e questo ha rappresentato una fonte di grande entusiasmo per loro. Adesso la speranza è di poterlo ascoltare il prima possibile dal vivo: purtroppo anche i Pearl Jam hanno dovuto posticipare alcuni concerti del tour americano per colpa della pandemia in corso, ma torneranno sicuramente sul palco non appena sarà possibile.

 

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