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Pink Floyd contro Paul McCartney, la storia della lite tra due giganti del rock al leggendario concerto di Knebworth
Nel 1990 tra la leggendaria band e l’ex Beatles ci fu una vera e propria “battaglia” per chi avrebbe dovuto chiudere lo show
Nell’ultima puntata pubblicata sul podcast The Lost Art of Conversation, David Gilmour e alcuni componenti del suo staff hanno raccontato alcuni episodi risalenti al passato, in particolare al grandioso concerto dei Pink Floyd a Venezia nel 1989 e a quello di Knebworth nel 1990. Gli intervistati hanno raccontato di alcuni problemi riscontrati in questi due live, tra i quali una vera e propria “battaglia” tra il manager dei Pink Floyd, Steve O’Rourke, e quello di Paul McCartney, Richard Ogden.
Ma andiamo con ordine. Poco tempo prima il grande concerto di Venezia, i Pink Floyd riuscirono a trovare un compromesso a livello legale con l’ormai ex componente della band, Roger Waters, per pubblicare A Momentary Lapse of Reason, il tredicesimo album in studio della band nonché il primo senza il grande musicista. Nell’ambito del tour promozionale, a Gilmour fu offerta la possibilità di esibirsi su una gigantesca piattaforma galleggiante nella splendida cornice della laguna di Venezia e il chitarrista accettò.
“La città ci promise qualsiasi cosa – ha raccontato in proposito – toilette e cibo per l’enorme massa di gente che sarebbe accorsa… eppure sembrò quasi che l’intera amministrazione cittadina se ne andò in vacanza in quel weekend, perché penso che una grande quantità di spettatori non sia riuscita a trovare né il cibo, né i bagni pubblici. Abbiamo vissuto dei veri e propri incubi a livello logistico in quell’occasione. Pare ci siano stati anche dei danni a uno o due edifici e per questo incolparono i nostri fuochi d’artificio ma ovviamente le cose non andarono così. Ci fu, insomma, un po’ di trambusto per l’intero evento”.
Un’altra particolarità che riguarda il grande show a Venezia riguarda la durata della performance: i Pink Floyd non avrebbero dovuto superare il limite di tempo segnalato loro tramite un apposito orologio che riportava un vero e proprio countdown. Il motivo? Semplice: l’esibizione è stata trasmessa live in tv, quindi doveva rispettare delle tempistiche ben precise. “Non eravamo abituati a suonare per un’ora, ma due ore e mezza circa, quindi è stato tutto davvero molto, molto complicato – ha raccontato ancora Gilmour – non è stato facile cercare di concentrarsi a cantare e suonare e intanto tenere sotto controllo l’orologio e chiedersi ‘Mi sto dilungando troppo su questo assolo?’. Beh, ovviamente la risposta era sì, visto che mi dilungo sempre! – ha scherzato per poi continuare – il mio pensiero costante durante quel concerto era quello di guardare quell’orologio digitale rosso nel tentativo di scandire bene il tempo, pensando ‘Devo concludere questo pezzo e attaccare col prossimo’”.
Oltre all’accusa di aver danneggiato degli edifici con i fuochi d’artificio, a proposito dello spettacolo pirotecnico ci fu un’altra stranezza: i fuochi furono sparati solo al termine del concerto. “Ci arrampicammo su una specie di container per guardare i fuochi – ha ricordato, invece, il tecnico del suono Andy Jackson – mi sedetti lì con David e a un certo punto lui si voltò verso di me e mi disse ‘Questa è la prima volta che suono per presentare uno spettacolo pirotecnico!’. Fu davvero incredibile. Il climax di uno spettacolo pirotecnico dovrebbe essere all’inizio, invece si intensificò solo a partire da quel momento… fu un evento davvero bizzarro… i gondolieri provarono anche a estorcere dei soldi a Steve [O’Rourke, manager della band ndr], che però intimò loro di andarsene. Loro risposero ‘Suoneremo i nostri clacson durante il concerto’. Lui gli disse ‘Buona fortuna’. E infatti – ha concluso – nei momenti di pausa si possono sentire i beep dei clacson nella registrazione”.
Sebbene il concerto di Venezia venga ricordato dai fan come uno dei più emozionanti della storia dei Pink Floyd, per la band, invece, non fu proprio una passeggiata. Le cose non andarono meglio l’anno successivo a Knebworth. Nel 1990, proprio in questa cittadina inglese, fu organizzato un grande evento presentato come “il miglior concerto rock britannico di tutti i tempi”. Furono ingaggiati artisti dal calibro di Robert Plant, Jimmy Page, Genesis, Eric Clapton, Elton John, Paul McCartney e, appunto, anche i Pink Floyd, oltre a diverse altre band. Come anticipato, la band di David Gilmour in questo caso divenne protagonista di una vera e propria battaglia con Paul McCartney.
Nello specifico, la disputa fu condotta dai manager degli artisti in causa, Steve O’Rourke per i Pink Floyd, e Richard Ogden per Paul McCartney. “Ricordo di aver detto a Steve ‘Richiedi un’orario serale, al buio’ – ha raccontato Gilmour – questa era la nostra unica richiesta. L’evento era in estate, quando il buio arriva piuttosto tardi, così pensai che avremmo chiuso lo show, cosa che a molte persone diede leggermente fastidio. Nonostante ciò, riuscimmo a ottenere l'orario serale, insieme a mezz’ora di pioggia! Era tutto bagnato – ha continuato il chitarrista – venti forti e pioggia scrosciante si abbatterono su di noi. Fui costretto a usare un radio-microfono per la chitarra quella volta, perché sarebbe stato troppo pericoloso stare sotto la pioggia con tutta quell’attrezzatura elettronica”.
Il chitarrista è stato piuttosto diplomatico nel raccontare questo episodio. In realtà, le cose furono un po’ più complicate. A rivelarlo è l’artista britannico Aubrey Powell: “Ci fu una grande discussione a proposito di chi avrebbe dovuto concludere lo show – ha raccontato – uno dei miei ricordi migliori riguarda i manager dei Pink Floyd e di Paul McCartney: litigarono al lato del palco durante la fase finale dell’esibizione di Paul, che si stava dilungando forse deliberatamente. Ricordo che Steve O’Rourke disse ‘Fate scendere Paul McCartney dal palco immediatamente!’. E il manager dell’ex Beatles, Richard Odgen, gli rispose ‘Beh, allora vai tu e trascinalo giù dal palco!’. Per poco non arrivarono alle mani”. Anche Powell ha ricordato la fortissima tempesta che rese tutto ancora più drammatico e difficile per David Gilmour e compagni.
Quel che è certo è che i concerti dei Pink Floyd sono tutti passati alla storia, per un motivo o per un altro. “Eppure fu un grande show – ha concluso Gilmour – ricordo che pensai ‘Puoi nasconderti da questa pioggia oppure devi abbracciarla. C’è solo una cosa da fare: vai là fuori e goditela’”.