Rock News
28/06/2019
In una nuova intervista per Kerrang, Dave Grohl è tornato a parlare dei Nirvana e del difficile periodo che la band dovette affrontare a causa della dipendenza da eroina di Kurt Cobain. L’ex batterista della band e attuale frontman dei Foo Fighters ha raccontato che Kurt a un certo punto decise di andare in riabilitazione per provare a chiudere definitivamente con la droga. Ma non è stato affatto semplice.
“Nei 12 mesi tra il Festival di Reading del ’91 e quello del ’92 durante il quale siamo stati gli headliner – ha raccontato Dave – la band è prima esplosa... e poi implosa. Siamo passati da essere una band di tre persone in un furgoncino a vendere milioni di dischi, molte cose sono cambiate e quei 12 mesi sono stati piuttosto caotici”. Ed è proprio in quel periodo che Cobain iniziò a essere dipendente dall’eroina, proprio nel momento in cui il successo lo travolse quando, forse, non era ancora pronto.
“Kurt era strafatto e così è finito in riabilitazione – ha continuato Grohl - Ricordo che abbiamo concluso il tour all’inizio del ’92. Eravamo stati in America, in Europa, in Australia, in Giappone e alle Hawaii. Arrivati a quel punto abbiamo pensato ‘Ok, abbiamo un dannato bisogno di riposarci perché il mondo è impazzito, non solo il nostro, ma il mondo in generale’. Così ci siamo presi una pausa e in quel periodo Kurt ha avuto sua figlia e ha continuato ad avere alti e bassi. È stato il caos”.
Quel tour mondiale mise a dura prova la band, anche e soprattutto per la dipendenza di Kurt che, in diverse occasioni, ha messo a rischio anche alcune esibizioni. “Ricordo che prima dell’inizio del Festival di Reading del ’92 – ha raccontato ancora Dave – giravano così tante voci circa il fatto che non avremmo suonato, che avevamo cancellato la nostra esibizione. Quella sera sono andato nel backstage e alcuni dei miei migliori amici che suonavano nelle band di apertura, non appena mi hanno visto, mi hanno detto ‘Che ci fai qui?’. A quel punto io gli ho risposto ‘Accidenti, siamo gli headliner!’, e loro hanno continuato ‘Suonate davvero?’. Io non mi ero reso conto che ci fossero così tanti dubbi sul fatto che avremmo suonato. In realtà, dentro di me mi chiedevo se saremmo stati in grado di suonare, ma sapevo che ci avremmo comunque provato. Alla fine – ha concluso – quel concerto è stato davvero un momento rassicurante e magico, perché tutto stava accadendo al momento giusto”.
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