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Linkin Park, Mike Shinoda racconta com'era lavorare con Chester Bennington: "gli portavo delle idee e lui le faceva nascere"
"Quando ho iniziato a collaborare fuori dalla band ho capito quanto Chester fosse unico"
Dopo la data a Parigi, il tour dei Linkin Park con Emily Armstrong alla voce prosegue con una data ad Arlington in Texas l’8 novembre, poi tre date in Colombia e Brasile (11 a Bogota e 15 e 16 a San Paolo), fino all’uscita dell’album From Zero il 15 novembre.
«Stiamo molto bene insieme, abbiamo la possibilità di fare ancora la cosa che ci piace di più e che ci è stata tolta» ha detto Mike Shinoda che oltre a parlare spesso delle nuove energie ritrovate della band con l’arrivo di Emily Armstrong continua ricordare e raccontare il suo rapporto creativo con Chester Bennington, iconica voce dei Linkin Park scomparso nel 2017: «Io gli portavo delle idee e lui le faceva crescere. Ho lavorato solo con lui, e pensavo fosse una dinamica normale, poi quando ho iniziato a collaborare fuori dai Linkin Park ho capito quanto Chester fosse unico».
La scrittura di canzoni può essere un processo complicato secondo Mike Shinoda, che dopo il tragico suicidio di Chester Bennington nel 2017 ha impiegato diverso tempo per tornare alla musica, prima con il suo album solista Post Traumatic del 2018 in cui ha affrontato le conseguenze emotive della perdita del suo amico e collaboratore, poi con le nuove canzoni scritte per il grande ritorno dei Linkin Park con l’album From Zero. «All’inizio qualunque cantautore ama le canzoni che scrive. Due giorni dopo le rileggi e cominci a dire: non va bene, non funziona, ci sono delle cose che mancano ma cosa?». Secondo il fondatore dei Linkin Park, l’elemento fondamentale che chiarisce tutto è l’intesa naturale all’interno della band: «Ci sono altre persone intorno a te, e tutte sono brave a fare quello che fanno perché sono i tuoi compagni di band» ha detto, «E in quel momento, quando capisci che c’è quell’elemento indefinibile, ti rendi conto che tutto è più facile».