Rock News
16/11/2023
Il 14 luglio del 1982, al Leicester Square Empire Theatre di Londra, veniva presentato il film Pink Floyd - The Wall di Alan Parker. Trasposizione cinematografica dell’omonimo concept album della band, datato 1979.
Mentre il regista era a San Francisco per le riprese del suo nuovo film, ricevette una chiamata da Waters che gli proponeva di produrre il film. "L'idea mi piaceva, perché mi permetteva di essere coinvolto in un progetto su cui nutrivo grandi speranze, senza dover sudare il sangue che si butta nella regia", ha raccontato. Per avere un'idea del compito che l’aspettava, Parker partì per la Germania, con Michael Seresin (suo cameraman di lunga data); voleva vedere i Pink Floyd suonare The Wall dal vivo. "Era impossibile non rimanere impressionati dall'immensità dell’esibizione”, ha ricordato il regista. “Il concerto fu probabilmente più grandioso e ambizioso di quanto in quel genere non fosse mai stato realizzato prima; uno spettacolo gigantesco, infuriato di Punch e Judy".
Paragonandolo ad un colossale spettacolo di marionette, (forse non proprio come Roger Waters vedeva la sua tormentata, alienante storia semi-autobiografica), Parker ne era rimasto chiaramente entusiasta. In particolare era stato colpito dall'inquietante animazione di Scarfe e dall'impatto che la memorabile sequenza che coinvolgeva i fiori copulanti aveva avuto sul pubblico. Parker ha riconosciuto che la potente combinazione della musica dal vivo, l'animazione proiettata sui grandi schermi del trittico e la costruzione del vasto muro che attraversava il palcoscenico "ha creato una sensazione teatrale che sarebbe stato difficile migliorare nei limiti di un normale schermo in una sala cinematografica", colpito anche dal fatto che “tutto era dominato dal controllo quasi demoniaco di Roger sull'intero progetto. Nel backstage durante i concerti c'erano quattro roulotte in una piazza, una per ogni Floyd. Tre erano rivolte verso l'interno, verso un'area comune per chiacchierare e bere insieme; quella di Roger era rivolta verso l'esterno, con l’ingresso lontano da tutti gli altri".
Bob Geldof è spesso associato al Live Aid, il gigantesco concerto benefico tenutosi negli anni ’80, così come alla sua band Boomtown Rats, nel 1982 ha vestito anche i panni dell’attore sul grande schermo interpretando un ruolo da protagonista nell’adattamento cinematografico di The Wall. E se nel 1982 il film diretto da Alan Parker diventava cult, Gedof ammise di non aver mai apprezzato molto la sua recitazione nella pellicola.
Durante l’Energa Camerimage Film Festival Gedof ha partecipato ad un Q&A dove ha parlato molto candidamente della sua recitazione e di cosa pensasse della sua perfomance nel film: “Non mi piace il film. Penso di non essere molto bravo” ha detto il cantante, “Ho visto il film due volte ed ero davvero imbarazzato” ha aggiunto, rivelando che riuscirono a finirlo grazie alla gentilezza che il direttore di fotografia Peter Bizou ebbe nei suoi confronti.
“Ogni giorno ero imbarazzato da quanto facessi schifo” ha raccontato, “Non mi piace guardarmi. Non mi piace ascoltarmi. Non mi piacere risentirmi. L’ultima cosa che voglio è vedermi stampato su un cartellone appeso sulla facciata di un palazzo”.
Perché Bob Gedof recitò nel film The Wall dei Pink Floyd? Per citare uno dei titoli dei brani dei Pink Floyd, Gedof ha risposto al pubblico con un sorriso: “Money”. I soldi furono il motivo per cui accettò il ruolo. Ha poi aggiunto che il suo salario non fu così alto come si aspettava alla fine, perché i Pink Floyd erano degli “hippies” terribili nella gestione del denaro.
Ha inoltre ammesso che un’altra ragione per accettare fu che si era stufato delle solite cose con i Boomtown Rats e stava cercando nuove sfide.
“David Bowie non è un buon attore. Sting non è un buon attore. Bob Geldof decisamente non è un buon attore” ha concluso, prima di aggiungere: “Ma Frank Sinatra lo era, e lo era anche Elvis Presley. In Jailhouse Rock e King Creole potete vedere dei musicisti che sanno recitare. Perché allora Elvis e Frank ci sono riusciti e David Bowie e Bob Dylan no? Perché Sting, Bowie, Dylan e Bob Geldof scrivono le loro canzoni. Frank Sinatra ed Elvis non scrivevano le canzoni, le interpretavano, e qualcun altro le scriveva per loro. E così, il loro lavoro stava nel trovare la psicologia della canzone. Il mio lavoro è proiettare me stesso sul palco. Canto le cose che sono nella mia testa”.
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