Rock News
03/11/2023
Bono, frontman e personaggio simbolo degli U2, è come tutte le superstar di rilevanza globale un personaggio che ha attirato critiche. L’impegno sociale, la sovraesposizione mediatica, le sperimentazioni con i suoni e le collaborazioni controverse come quella con la Apple del 2014 in cui tutti gli utenti di ITunes hanno ricevuto sui loro device senza consenso il nuovo album Songs Of Innocence.
“Per noi era come lasciare la nostra bottiglia di latte sulla soglia di ogni casa nel quartiere, invece l’abbiamo messa nel frigo di tutti gli abitanti della città, e abbiamo scoperto che a non tutti piace il latte" ha detto Bono al tempo. Di tutte queste azioni, Bono si è preso sempre la responsabilità: "La maggior parte degli errori degli U2 sono stati causati da me".
Non è la prima volta che il cantante degli U2 è molto critico verso sé stesso. Parlando del futuro degli U2 che vuole riportare verso il rock dopo le sperimentazioni dell’ultimo album Songs of Surrender in cui hanno risuonato 40 brani della loro carriera, Bono ha detto: "Tutti facciamo degli errori nella vita, noi siamo stati colpiti dal virus del rock sperimentale e avevamo bisogno di un vaccino. Siamo tornati a scuola, e ora stiamo bene. Adesso dobbiamo riportare nella nostra musica la potenza del rock’n’roll".
In passato ha anche detto che il nome U2, che hanno scelto su suggerimento del loro amico Steve Averill della punk band di Dublino Radiators from Space dopo essersi chiamati Feedback per qualche mese, in realtà non gli è mai piaciuto: "Doveva essere una cosa futuristica, come gli aerei spia o i sommergibili U-Boat e invece è un gioco di parole venuto male. Non mi piace". Anche il suo modo di cantare, che lo ha reso una delle voci rock più famose del mondo, lo ha messo spesso in imbarazzo: "Sembro il tipico macho irlandese. A volte quando sono in macchina e passa una canzone degli U2 alla radio divento rosso per la vergogna".
Non avere paura di essere sé stessi e di spingersi al limite delle proprie possibilità creative è però una caratteristica dell’arte secondo Bono: "Quello è il posto giusto in cui devi stare se ti definisci un artista, al limite dell’imbarazzo" ha detto. Non tutte le canzoni degli U2 però gli fanno questo effetto: "Vertigo mi piace e mi rende fiero per il modo in cui riesce a connettersi con il pubblico e Miss Sarajevo è la canzone che ascolto di più degli U2, soprattutto perché ho cantato con Luciano Pavarotti".
Nella sua biografia “Surrender, 40 canzoni una storia”, Bono dedica un capitolo ad un altro dei pezzi più famosi degli U2, Where the Streets Have No Name dall’album The Joshua Tree: "L’abbiamo suonata migliaia di volte e non importa se abbiamo fatto un brutto concerto, la band non è in forma o soprattutto il cantante fa schifo. Ancora oggi ogni volta che la suoniamo succede qualcosa, si accende la luce". Eppure, gli U2 stessi hanno ammesso che è stata la canzone più difficile da registrare della loro carriera per la struttura particolare, i cambi di accordi e di tempo: "Sembrava scritta in una lingua straniera" ha detto il bassista Adam Clayton. Il produttore Daniel Lanois l’ha definita: "Un progetto di scienze", mentre l’altro produttore Brian Eno ha detto di aver "Passato metà delle session di Joshua Tree a cercare di registrarla in modo decente". Stremato, Brian Eno decide addirittura di "Simulare un incidente" e cancellare il nastro per farla registrare nuovamente dall’inizio. Si dice che Brian Eno fosse pronto a schiacciare il tasto “erase” quando il tecnico del suono Pat McCarthy lo ha distratto facendo cadere una tazza di tè sulla consolle, e salvando così Where the Streets Have No Name.
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