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Evanescence, Amy Lee sulla parte rap di Bring Me To Life: "Fu davvero dura da mandare giù"
La voce della band dell'Arkansas: "Quella parte non mi appartiene, non è il mio stile"
Amy Lee, voce e volto degli Evanescence ha scritto la canzone più famosa della sua band quando aveva diciannove anni. È Bring Me to Life primo singolo dell’album di debutto Fallen: esce il 7 aprile 2003, arriva al numero uno in classifica in Inghilterra, Australia e Italia e al numero 5 in America e viene premiata con un Grammy Award come Best Hard Rock Performance.
Amy ha raccontato di aver scritto il testo in un momento difficile della sua vita, durante una relazione problematica, quando come ha detto lei stessa: “Un amico mi ha guardata dritta in faccia e mi ha chiesto se fossi davvero felice. Era come se riuscisse a guardarmi direttamente nell’anima. Io ho abbassato gli occhi e ho iniziato a dire scuse senza senso. Fuori mi comportavo in modo del tutto normale, ma dentro di me era il caos. Quelle parole mi hanno ispirato a scrivere Bring Me to Life. Anni dopo gli ho detto che la canzone è nata grazie a lui.”
Il nome di quella persona è Josh Hartzler, che nel 2007 diventerà suo marito e con cui nel 2014 avrà un figlio, Jack. “Non lo conoscevo, ma in qualche modo è riuscito a guardarmi dentro e a riportarmi in vita”. Per registrare la canzone più importante della sua carriera, però, Amy Lee deve aspettare almeno due anni. L’etichetta discografica degli Evanescence vuole inserire la band nella scena nu metal che sta dominando le classifiche agli inizi degli anni duemila, ma vuole anche una voce maschile nella canzone, e insiste per aggiungere una parte rap. “Mi hanno detto: sei una ragazza che canta in una rock band, nessuno ti ascolterà” ha raccontato Amy Lee. Gli Evanescence entrano negli Ocean Studios di Burbank in California, Amy Lee scrive il testo di una seconda strofa, e la voce scelta è quella di Paul McCoy della band della Louisiana 12 Stones (che escono con la stessa etichetta). In una intervista recente, Amy Lee ha detto che ancora oggi non è facile accettare la cosa: “Quella parte non mi appartiene, non è il mio stile. È stata dura mandarla giù, ma almeno non abbiamo dovuto cambiare il nostro suono”.
Per quanto riguarda la definizione di band nu metal, Amy Lee non è d’accordo: “Quando mi chiedono ‘che genere fate?’ no so proprio come rispondere. Mi interessa solo mantenere la libertà di fare qualcosa che non ho mai fatto prima. Non mi piacciono le categorie e le definizioni. Se fai le cose bene, ogni band può essere unica e originale, diversa da tutte le altre”.