Rock News
17/01/2023
I Hate Myself and I Want To Die: è il titolo che Kurt Cobain aveva scelto per il terzo e ultimo album dei Nirvana, In Utero che esce il 13 settembre 1993, debutta al n.1 in classifica e vende 5 milioni di copie. È il disco più radicale mai fatto da una band mainstream: dopo il successo di Nevermind nel 1991 i Nirvana sono la più grande rock band americana, hanno cambiato il suno del decennio lanciando la misica di Seattle nel mondo ma come diceva Kurt Cobain: «I sogni si sono avverati, ma non hanno fatto in tempo a riconciliarsi con gli ideali».
I Nirvana vogliono allontanarsi il più possibile da MTV, dall’etichetta Geffen, da Seattle e dai fan del grunge, vanno a Cannon Falls nel Minnesota per cercare uno dei loro punti di riferimento Steve Albini, il produttore di Surfer Rosa dei Pixies, il disco preferito di Kurt Cobain. Si registrano con un nome falso, The Ritchie Group, non dicono niente alla loro etichetta Geffen che aspetta un altro successo da lanciare sul mercato, e registrano tutto in presa diretta in soli 14 giorni facendo uscire l’album solo in formato musicassetta e vinile.
In Utero secondo Kurt Cobain è il tentativo definitivo della band di mettere insieme le sue due caratteristiche, il punk rock furioso e senza compromessi e l’istinto pop per le melodie e i ritornelli. È un disco che parla soprattutto di lui, artista sublime e ragazzo di 26 anni sensibile fino all’estremo che racconta la sua vita, il matrimonio mediatico e trasgressivo con Courtney Love, il successo e le sue conseguenze («Se ci fosse stato un corso per diventare rockstar mi sarei iscritto» dice in un’intervista), la pressione del music business che moltiplica all’infinito il suo pubblico ma schiaccia la sua fedeltà assoluta all’etica underground l’attenzione costante dei media che lo vogliono trasformare in un icona generazionale, mentre lui dice: «Sono solo il portavoce di me stesso, sono confuso come tutti gli altri». Nasce così All Apologies, uno dei brani più intimi e personali della sua breve e intensa carriera, reso ancora più importante dall’interpretazione straordinaria nel concerto Unplugged in New York del 1993. «Che cosa altro dovrei essere?» canta Kurt Cobain su una musica acustica e psichedelica che sembra raccogliere tutto quello che gli piace, dai Beatles al punk, travolto dai suoi demoni, lasciando la testimonianza musicale più vera del suo talento e della sua fragile bellezza.
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