Rock News
04/10/2024
Il 5 ottobre 1992 i REM pubblicano il loro ottavo album Automatic for the People, un disco inaspettato pieno di suoni acustici, arrangiamenti di archi curati da John Paul Jones dei Led Zeppelin, atmosfere malinconiche e melodie bellissime, un disco di cui lo stesso Peter Buck dice: «Non sembriamo neanche noi».
Per costruire il mondo di Automatic for the People i REM sperimentano e si scambiano gli strumenti, Bill Berry suona spesso il basso, Mile Mills si siede al pianoforte, Peter Buck usa molti strumenti acustici e Michael Stipe scrive testi spirandosi anche al genio surreale del suo amico, il comico Andy Kaufman.
La band rallenta tutto, scivola nella poesia e vince la scommessa: l’album che vende 18 milioni di copie, si piazza al numero due in classifica americana e lancia ben sei singoli in classifica grazie anche ai videoclip molto belli. Ce n’è uno che entra nell’immaginario degli anni ’90: un ingorgo di macchine all’incrocio della Interstate 35 e della Interstate 10 a San Antonio in Texas le persone bloccate nelle auto immerse nei loro pensieri che alla fine scendono e si mettono a camminare, il volto intenso di Michael Stipe che canta solo alla fine del brano le parole “hold on” e la melodia struggente di Everybody Hurts che diventa una delle canzoni più famose dei REM.
Un brano minimale, costruito intorno ad un pattern di drum machine da Bill Berry e ad un arpeggio di chitarra di Peter Buck, con una grande interpretazione di Michael Stipe (che nelle prime session di registrazione voleva Patti Smith ai cori). Everybody Hurts viene definita dai critici «La Bridge Over Troubled Water degli anni 90», un brano che racchiude un’emozione semplice che arriva dritta al cuore del pubblico di tutto il mondo e viene usata in molte iniziative di sostegno alle persone in difficoltà e campagne di prevenzione sui problemi mentali dei giovani in America.
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