Rock News
02/05/2025
Il 2 maggio 1989 i The Cure pubblicavano Disintegration, definito dalla critica come “Il culmine del percorso artistico che i The Cure hanno creato negli anni ‘80”. All'interno di questo disco Robert Smith pubblicò due delle canzoni più potenti, simboliche e identitarie del proprio percorso artistico e ispiratrici dell'intero immaginario dark della fine di quell'irripetibile decennio.
La prima è Lullaby, una delle canzoni più amate dal pubblico, numero cinque in classifica inglese e premiata ai Brit Awards del 1990 come miglior videoclip, anche se nessuno ha mai capito esattamente di cosa parli.
I fan si sono interrogati sul testo di Robert Smith fin dalla sua uscita: depressione? Abuso di allucinogeni? Paura del buio? Che cosa simboleggia il ragno che vuole mangiare Robert Smith per cena (“spider man is having me for dinner tonight”)?
Tim Pope, il regista che ha firmato 37 videoclip dei The Cure dal 1982 al 1997, tra cui quello di Lullaby, l’unico capace di raccontare attraverso le immagini l’avvolgente mondo a tinte scure della band, ha detto in un’intervista a NME: «E’ un brano che nasce dal tipico humor nero dei Cure, ma alla base c’è la claustrofobia di cui soffre Robert» ha detto,
«Un tema che mi ha sempre affascinato, fin da quando ho visto il film “L’inquilino del terzo piano” di Roman Polanski, un thriller psicologico con un’atmosfera che si adatta bene alle strofe di Lullaby e che ho cercato di trasferire nel video».
Il rapporto tra musica e cinema è alla base della ricerca di Tim Pope, che ha lavorato con i nomi più importanti della scena pop rock, dark e new wave inglese anni ‘80 come Soft Cell, Talk Talk, The Siouxsie and the Banshees e Style Council, prima di realizzare video con David Bowie e Queen (per i quali ha realizzato la fantasia teatrale di It’s a Hard Life) e artisti americani come Neil Young e Iggy Pop: «Il mio lavoro è aggiungere qualcosa, ma anche permettere alle canzoni di respirare e prendere spazio».
Dopo tanti anni e molte speculazioni, Robert Smith ha rivelato che Lullaby è legata ad un ricordo di infanzia, ovviamente inquietante: «Da bambino facevo un incubo ricorrente: andavo a letto, mi addormentavo e venivo mangiato da un ragno gigante» Colpa anche delle canzoni della buonanotte spaventose che gli cantavano i genitori: «Per me la ninna nanna ha sempre avuto un significato sinistro, come se dicesse: dormi bene, o non ti sveglierai più».
Il testo originale scritto a mano da Robert Smith, pubblicato dal magazine inglese Far Out rivela quanto quel sogno sia rimasto impresso nella sua memoria: la calligrafia è precisa e ordinata, in stampatello, senza errori o correzioni, parole messe su carta da una mente creativa e ipersensibile per liberarsi da qualcosa che lo ossessiona, perché come scrive in una strofa: “L’uomo ragno è sempre affamato”. Un incubo che ha reso Lullaby il singolo di maggior successo nella carriera dei Cure, numero cinque in classifica in Inghilterra nel 1989.
Il secondo vero capolavoro del disco è Lovesong, alla cui origine c’è una delle storie d’amore più romantiche di sempre, quella tra il cantante della band, Rober Smith e sua moglie Mary Poole. Mary, nata il 3 ottobre 1958, era una compagna di Robert Smith al corso di teatro della Saint Wilfrid’s Comprehensive School di Blackpool. Quando Robert la incontra, ha solo 14 anni e ha appena iniziato ad interessarsi alla musica: «A suonare la chitarra e imparare accordi freneticamente» come ha detto lui stesso.
In quegli anni Robert forma una band insieme ad altri due compagni di scuola della Wilfrid’s, Michael Dempsey e Laurence “Lol” Tolhurts: «All’inizio ci chiamavamo The Group perché eravamo l’unica band della scuola e non avevamo bisogno di un nome» ha raccontato nella biografia dei The Cure Ten Imaginary Years. Diventano i Malice e nel 1977 con l’arrivo di Pearl Thompson cambiano nome in Easy Cure, prima di assumere il nome definitivo The Cure ed esordire l’8 maggio 1979 con l’album Three Imaginary Boys pubblicato dall’etichetta Fiction Records.
Nel frattempo, Robert Smith è stato espulso dalla St.Wilfrid’s, si dice dopo che il secondo concerto dei Malice nel dicembre 1976 nella scuola ha provocato disordini tra gli studenti (Robert Smith ha detto anche che il vero motivo era lo scontro con il preside: «Per le mie idee contro la religione»), ma non si allontana mai da Mary Poole, che diventa la sua fidanzata. Si sposano il 13 agosto del 1988, scelgono di non avere figli («Non mi sono mai sentito abbastanza responsabile da mettere al mondo un bambino» ha detto Robert) e restano insieme per tutta la vita.
Robert Smith ha detto che il confronto con Mary, che all’inizio non era convinta che lui riuscisse davvero a vivere con la musica, è stata la sua motivazione principale a fare sempre meglio e a credere nelle possibilità dei The Cure. Oltre ad aiutare il cantante dei The Cure a mantenere l’equilibrio mentre il successo della band cresceva fino a farli diventare una band di culto della musica britannica e a controllare le sue tendenze autodistruttive, Mary ha ispirato alcune delle canzoni più belle scritte da Robert Smith, tra cui Just Like Heaven pubblicata nel 1987 sull’album Kiss Me Kiss Me Kiss Me, che secondo Smith rappresenta: «La sensazione di perdere il fiato che ti dà l’amore».
La canzone definitiva del suo amore per Mary Poole è però Lovesong, terzo singolo dall’album Disintegration del 1989, considerato il capolavoro dei The Cure. «L’ho scritta come regalo di matrimonio» ha detto Robert Smith, «E poi l’ho messa nell’album per fare un gesto romantico». Il tema è un classico delle canzoni d’amore, la lontananza: “Non importa quando posso essere lontano / Ti amerò per sempre” canta Robert Smith. Pubblicata il 21 agosto 1989 diventa il più grande successo dei The Cure in America, piazzandosi al numero due in classifica. Robert Smith però ha commentato il successo di Lovesong a modo suo: «Secondo me è il pezzo più debole di tutto l’album, ma è volato al numero due in America. Non siamo arrivati al numero uno solo perché c’era un singolo di Janet Jackson, credo. È strano pensare che tra tutte le canzoni che ho scritto, questa è quella che è arrivata a tutti. Anzi, è piuttosto deludente».
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