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Il Grande Lebowski: l'esilarante legame tra la pellicola dei Fratelli Cohen e i Rolling Stones

Redazione Virgin Radio

Il produttore decise di concedere gratis un brano grazie ad una battuta di Jeff Bridges

Ci sono pochi film nella storia del cinema che hanno generato una vera e propria filosofia di vita. Uno dei questi è Il Grande Lebowski dei fratelli Cohen, uscito nel 1998 e diventato da subito un culto per l’estetica, la musica, i dialoghi surreali e i personaggi che rappresentano ognuno a modo suo una interpretazione alternativa della società e del sistema di pensiero americano, dal silenzioso Donny interpretato da Steve Buscami all’incontenibile Walter interpretato da John Goodman, dal trio di Nichilisti tedeschi (di cui fa parte anche Flea dei Red Hot Chili Peppers) al clamoroso giocatore di bowling Jesus Quintana che ha il volto e le movenze di John Turturro fino al Jeffrey Lebowski detto “The Dude” che diventa un’icona della controcultura e trasforma Jeff Bridges (un attore che è già una star e ha fatto oltre 40 film dal suo esordio nel 1970) in un mito degli anni ’90.

Ci sono tanti aneddoti sulla lavorazione de Il Grande Lebowski che lo hanno reso un film di culto: il ruolo di Jeffrey Lebowski che fino all’ultimo doveva andare a Mel Gibson (che ha rifiutato), i dialoghi scritti dai fratelli Joel e Ethan Cohen ispirandosi ai racconti noir di Raymond Chandler e al romanzo The Long Goodbye di Robert Altman, il personaggio di The Dude costruito intorno al produttore cinematografico Jeff Dowd che i Cohen conoscono durante la lavorazione di un loro film (un ex hippy che amava bere il White Russian) e un loro amico, il professore di cinema della University of Soiuthern California Peter Exline che viveva in un appartamento disordinato ma era molto fiero del suo tappeto perché: «Dava un tono all’ambiente».

La storia più divertente però riguarda la colonna sonora del film, curata da T-Bone Burnett, ex chitarrista di Bob Dylan e istituzione della musica americana. Mentre scrivono la sceneggiatura, i fratelli Cohen hanno in mente i Creedence Clearwater Revival e due canzoni in particolare: la cover di Hotel California fatta dai Gipsy Kings e Just Dropped In (To See What Condition My Condiution Was In) di Kenny Rogers.

T-Bone Burnett mette insieme una delle colonne sonore più belle di sempre, un viaggio nella musica americana che inizia con The Man in Me di Bob Dylan lanciandola al successo e finisce con una cover in versione country di Dead Flowers dei Rolling Stones fatta da Townes Van Zandt.

Per usare il pezzo scritto da Mick Jagger e Keith Richards, T-Bone Burnett si rivolge al manager dei Rolling Stones, Allen Klein che chiede 150.000 dollari per i diritti d’autore. La produzione accetta e Klein viene invitato a vedere una anteprima del film. Tutto cambia quando in una scena The Dude dice: «Io odio i fottuti Eagles, amico». Allen Klein è talmente entusiasta di questa battuta che decide, d’accordo con gli Stones, di concedere gratis a T-Bone Burnett e ai fratelli Cohen l’utilizzo di Dead Flowers nell’ultima scena del film.

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