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Sex Pistols, John Lydon svela la lista con i suoi dischi preferiti di sempre (e non mancano incredibili sorprese)

Dai The Kinks ai Roxy Music fino a Kate Bush, i gusti musicali di Johnny Rotten

Sex Pistols, John Lydon svela la lista con i suoi dischi preferiti di sempre (e non mancano incredibili sorprese)

29/12/2021

«La musica che fai deve riflettere da dove vieni, e io sono nato in un cassonetto della spazzatura» ha detto una volta John Lydon, voce e icona del punk inglese con il nome di Johnny Rotten, il cantante dei Sex Pistols che con un solo album (Never Mind the Bollocks uscito il 28 ottobre 1977) hanno cambiato la storia del rock e acceso la scintilla del punk.

John Lydon ha costruito tutta la sua carriera sull’intenzione di attaccare il sistema e di sconvolgere le persone intorno a sé, da quando era un ragazzino di una famiglia povera di origine irlandese che girava per le strade intorno ad Anfield Road, lo stadio della sua squadra del cuore, l’Arsenal a quando andava su e giù per King’s Road in centro a Londra indossando una maglietta con scritto “Odio i Pink Floyd” e attirando l’attenzione di Vivienne Westwood e Malcolm McLaren che gestiscono il negozio di abbigliamento Sex.

La rabbia e la ribellione contro l’intera tradizione musicale inglese di Johnny Rotten sono il livello zero da cui il punk costruirà la propria rivoluzione di suono ed immagine dall’etica Do It Yourself ai tre accordi semplici delle canzoni, fino all’idea che chiunque possa suonare uno strumento senza essere Eric Clapton. Ma dietro alla maschera e al ghigno del distruttore, John Lydon ha una profonda formazione musicale e una grande conoscenza del rock, che ha portato nei Sex Pistols (in cui era affiancato da ottimi musicisti come Glen Matlock, Paul Cook e Steve Jones) e poi nei Public Image Limited la band che ha formato nel 1978 con il chitarrista Keith Levene e il bassista Jah Wobble. 

Nella sua lista di album preferiti, compilata per il quotidiano The Guardian e il sito Pitchfork, John Lydon ha messo al primo posto l’album di debutto dei Kinks e il loro singolo del 1964, You Really Got Me: «Ce l’aveva il fratello maggiore di qualcuno dei miei amici, e quel suono folle di chitarra per me è stato l’inizio di tutto».

La seconda influenza dimostra quanto la sua formazione musicale sia eclettica: For Your Pleasure dei Roxy Music. «Capisco perfettamente la bizzarra sperimentazione che Bryan Ferry stava cercando di fare: è un concetto esotico e intrigante e lui era l’unico a farlo».

Nella sua lista ci sono poi diverse derivazioni del punk, dai The Raincoats con il loro primo album del 1979 alle X Ray SpexLe ragazze punk erano brave  e originali» ha detto a proposito della band di Polly Styrene) e i Can con Tago Mago.

Tra le sorprese c’è anche l’album di debutto di Kate Bush, The Kick Inside: «Un’artista che ha creato un potentissimo paesaggio sonoro da sogno con una atmosfera bellissima» ha detto John Lydon, «Mi piacciono anche i Traffic, Marc Bolan e ogni tipo di musica techno».

Tra le sue scoperte c’è anche Talvin Singh, musicista britannico di origine indiana che ha creato una fusione tra la tabla e gli strumenti tradizionali indiani e l’elettronica, creando una scena nei club di Londra e arrivando al successo nel 1998 con l’album di debutto Ok. Il cantante dei Sex Pistols ha invece raccontato come avvenivano le scoperte quando era solo un ragazzino: «Lavoravo nell’ufficio di una società di taxi, prendevo le prenotazioni e appena mi pagavano andavo in due negozi di dischi. Uno era a Finsbury Park, gestito da una signora dai capelli bianchi molto gentile e pieno di giamaicani che ascoltavamo musica dub. L’altro era il negozio di un tipo grasso con i capelli lunghi che aveva ottimi gusti musicali, e mi ha consigliato Pretties for You di Alice Cooper. Un disco che è un ottimo esempio di come fare una copertina orribile».

Tra le influenze classiche del punk rock, John Lydon ha citato gli Stooges e i Kraftwerk, ma lo ha fatto a modo suo: «Non ho mai considerato gli Stooges dei progenitori del punk, è una manipolazione dei media. Mi piacevano ma mi hanno sempre scioccato i loro capelli lunghi» ha detto, «Quando ho incontrato i Kraftwerk invece sono rimasto sconvolto perché non erano per niente simili a come appaiono sulle copertine dei loro album. erano vestiti come i Beach Boys. Ho sempre amato il loro modo freddo e privo di emozioni di presentare una canzone pop, erano cinici, impassibili ma anche commoventi. Mi hanno detto che in qualche modo strano io ho avuto un’influenza su di loro. Non ci ho creduto neanche per un secondo, ma lo accetto».   

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