Rock News
14/05/2025
«Il rock & roll per me è sempre stata la voce della gente comune, degli outsider, di quelli che non comandano» ha detto una volta Chris Cornell.
Alle undici e mezza di sera del 17 maggio 2017 era delle rockstar più potenti ed amate del mondo, un cantante con un’estensione vocale irreale, un ragazzo di Seattle travolto dall’ossessione per il volume che aveva trovato nel rock una ragione di vita con la sua band, i Soundgarden.
A mezzanotte e quindici minuti del 18 maggio era morto.
È uno degli eventi più tragici ed inspiegabili nella storia del rock: 45 minuti che hanno messo fine con un suicidio alla vita di un uomo di 52 anni sposato e padre di tre figli e un grande artista con tanti lati oscuri.
«A 13 anni prendevo droghe ogni giorno, a 14 avevo già smesso, fino a 16 anni non ho avuto amici» ha raccontato in un’intervista «Non sono andato al liceo, mi hanno cacciato subito. Facevo il cameriere, il lavapiatti, le pulizie, qualsiasi cosa. Poi ho cominciato ad interessarmi seriamente al punk rock». Nella sua carriera, Chris Cornell ha ha formato, poi sciolto e riformato i Soundgarden, ha suonato con gli Audioslave, collaborato con i Linkin Park, trovato una nuova identità da cantautore cantando cover strepitose (da Nothing Compares to U di Prince all’inedito del suo idolo Johnny Cash, You Never Really Knew My Mind) e i pezzi acustici del suo ultimo album di inediti Higher Truth del 2015.
Poche ore prima di morire, la sera del 17 maggio 2017 Chris Cornell era sul palco del Fox Theatre di Detroit con i Soundgarden. Si dice stessero anche lavorando ad un nuovo album, il primo da King Animal del 2012. Il bassista Ben Shepherd e il batterista Matt Cameron avevano dichiarato di aver pronte «Sei tracce finite, da registrare in estate».
Il tour del 2017 dei Soundgarden è un successo, Chris Cornell è in forma, sembra aver definitivamente sconfitto le sue dipendenze. Sua moglie Vicky lo aspetta con i il figlio Christopher e la figlia Toni (la terza figlia Lilian Jean la ha avuto dalla prima moglie Susan Silver, ex manager dei Soundgarden) nella loro casa di Miami.
Il concerto di Detroit dura oltre due ore, con una scaletta di 18 canzoni, da Ugly Truth, primo pezzo di Louder Than Love del 1989 a brano con Hunted Down o Outshined fino alla canzone più famosa, l’apocalisse metal Black Hole Sun da Superunknown del 1994. Per il bis, i Soundgarden scelgono Rusty Cage (di cui Johnny Cash ha fatto una cover nel 1996) e Slaves & Bulldozers da Badmotorfinger del 1991. Durante questo pezzo, l’ultimo cantato da Chris Cornell durante la sua vita, la band inserisce anche una citazione che vista oggi suona inquietante, quella del brano gospel In My Time of Dying basato su un passaggio della Bibbia e reso celebre dai Led Zeppelin con la loro cover del 1975 dall’album Physical Graffiti: «Nel momento della mia morte / Voglio che nessuno pianga / L’unica cosa che dovete fare / E’ riportarmi a casa».
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