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Bruce Springsteen, ecco il motivo per cui odia essere chiamato "il Boss"
Il rocker del New Jersey: "Odio la figura del Boss, rappresenta il capo e in genere è quello che ci comanda"
Il soprannome è nato durante gli anni di passione e rock’n’roll nelle “Streets of Fire” del Jersey Shore, quando suonava sempre e dovunque perché non conosceva altro modo per sopravvivere e provare a cambiare il proprio destino. Ma a Bruce Springsteen non è mai piaciuto essere chiamato The Boss: «Odio la figura del Boss, il capo e ci comanda in genere» ha dichiarato più volte Bruce, «Ad essere sincero, odio anche essere chiamato The Boss».
Dopo essere rimasto incollato come milioni di americani di fronte alla televisione durante l’apparizione dei Beatles all’Ed Sullivan Show nel 1964 (nella sua autobiografia Born to Run definisce quell’esperienza: «Il secondo avvento dopo quello di Elvis», e descrive i Beatles come «Il Monte Rushmore del rock’n’roll») Bruce ottiene da sua madre una chitarra Kent da 80 dollari, forma insieme all’amico George Theiss la band The Castiles, con cui ha detto di «Aver imparato tutto quello che c’era da sapere su come stare sul palco» e tra il 1969 e il 1971 suona con gli Steel Mill (il cui primo nome era Child) insieme ai futuri membri della E Street Band, Danny Federici, Vini “Mad Dog” Lopez e Steve Van Zandt.
La sua terra di conquista è Asbury Park, una cittadina sulla costa del New Jersey nella contea di Monmouth che ha una storia che sembra uscita da una delle sue canzoni. Un tempo destinazione turistica per la borghesia di New York, con una vivace scena jazz e blues, negli anni ’60 attira nei suoi bar sul lungomare tutte le band del New Jersey, ma decade improvvisamente dopo le rivolte razziali del 1970 nel quartiere del West Side e poi viene praticamente abbandonata negli anni ’90.
Nel 2002 Bruce la rende cupa protagonista di My City of Ruins dall’album The Rising, invocando la sua rinascita che avviene a partire dagli anni Duemila. La storia di Asbury Park è strettamente legata a quella di Bruce Springsteen, che il 5 gennaio 1973 esordisce con un album intitolato proprio Greetings from Asbury Park, N.J.
In quel momento di gloria alla fine degli anni ’60 in cui lui comincia a costruire la sua leggenda sul palco, è la meta di ogni band che vuole suonare le proprie canzoni e farsi conoscere dal pubblico: «Ad Asbury Park potevi provare e sperimentare» raccontano i gestori dei club storici dallo Stone Pony al Wonder Bar in cui ancora oggi si suona tutte le sere, «Se non suonavi la tua musica, il pubblico non ti avrebbe ascoltato».
Bruce Springsteen guida gli Steel Mill da un concerto all’altro, prima e dopo la loro trasformazione nella E Street Band con l’arrivo di David Sancious, Garry Talent e Clarence Clemons, organizza le date, raccoglie i pagamenti e si occupa di dividerli in parti uguali tra i membri della band e per questo viene chiamato scherzosamente dagli altri The Boss.
Il soprannome rimane, anche se a lui non piace, perché Bruce Springsteen sul palco è il leader indiscusso della sua band (la formazione diventa definitiva con l’arrivo di Roy Bittan e Max Weinberg nel 1974, Nils Lofgren e Patti Scialfa nel 1984 e Soozie Tyrell nel 2002) che suona come una perfetta e instancabile macchina rock’n’roll.
Persino John Lennon, nella sua ultima intervista del 5 dicembre 1980, ha ricordato Bruce: «Dio aiuti Bruce Springsteen quando qualcuno deciderà che non è più un Dio. Un giorno dovrà affrontare il suo stesso successo, dovrà provare di essere il migliore giorno dopo giorno, invecchierà e tutti saranno pronti a dargli addosso. Gli auguro di riuscire a sopravvivere».