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Flea: “C'è gioia nell'ossessione. Ma non sono sicuro che mi faccia bene”

Redazione Virgin Radio

Il bassista dei Red Hot Chili Peppers è tornato a parlare del suo carattere

Due anni fa veniva pubblicata l’autobiografia di Flea, bassista e cofondatore dei Red Hot Chilli Peppers, Acid for the Children.

“I miei scrittori preferiti hanno uno stile. Credo che ci voglia un po' di tempo per trovare il proprio. Patti Smith mi ha aiutato molto. Mi disse: ‘Flea, è come fare musica. A volte devi suonare una parte d'insieme. A volte, un assolo. Abilità che possono essere applicate alla scrittura’. Quando ho capito il parallelismo tra le due forme d'arte, ho trovato la mia voce”, ha raccontato il musicista.

“Ho sempre visto la vita come un'opportunità. Per esplorare o per imparare. Non sono mai più eccitato di quando trovo una cosa nuova per esserlo. Potrebbe anche essere qualcosa di semplice come il tennis da tavolo e allora voglio diventare davvero bravo a giocare! Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli che siano fisici, spirituali, emotivi, intellettuali o altro. Mi piace la mia grinta”, si legge nel libro.

“La mia generazione aveva un rapporto malsano con la droga. Questo suonerà come una vera stronzata da vecchio, ma per quanto riguarda i giovani di oggi, non mi preoccupo che lo facciano. Mi preoccupo di quanto tempo passano davanti a computer e telefoni. Mi preoccupa il fatto che si sia perso il vivere il momento”, scrive ancora il musicista.

Sul motivo per cui tra le pagine della bio non ci sia traccia dei Red Hot Chilli Peppers, Flea ha spiegato: “La mia infanzia è finita. La band no, ed è per questo che non ne ho scritto. Ho vissuto momenti buoni e momenti meno buoni con il gruppo. Ho pensato: non voglio più farlo, voglio crescere, non voglio essere prigioniero dei soldi, della fama o del potere. Poi facciamo un concerto o scriviamo una canzone che mi fa fremere di eccitazione e me ne innamoro di nuovo completamente”.

Infine Flea ha confessato di essere una persona ossessiva: “C'è una grande gioia nell'ossessione. Ma non sono sicuro che sia salutare per me. Perché mi ossessiono con certe cose? È l'angoscia o la paura, o il desiderio di essere compreso? Di connettermi con il divino e trovare le cose belle della vita? Credo che la mia storia stia nel cercare di capire questo di me stesso. Si può crescere grazie al dolore, se non si fugge da esso. Il mio libro è assolutamente parte del processo di venire a patti con me stesso. Si può diventare persone migliori”.

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