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La vera storia dell'amicizia tra Kurt Cobain e Michael Stipe: ecco come il leader dei R.E.M. ispirò il frontman dei Nirvana
Per il leader dei Nirvana, Michael Stipe ha rappresentato un mentore e una fonte di ispirazione.
La morte di Cobain nel 1994 sconvolse non solo tutti i fan, ma soprattutto le persone che gli erano più vicine, tra le quali anche tanti suoi colleghi, come ad esempio Michael Stipe. Il frontman dei R.E.M. era legato a Kurt da una bella amicizia basata sulla stima reciproca. Il loro rapporto era davvero speciale e molto più profondo di quanto si possa pensare: per il leader dei Nirvana, Michael Stipe ha rappresentato un mentore e una fonte di ispirazione.
Non a caso, in un’intervista del 1994 per Rolling Stone, Kurt dichiarò: “Vorrei che il nostro prossimo album fosse abbastanza etereo e acustico, come Automatic For The People dei R.E.M. Se solo potessi comporre anche solo un paio di canzoni belle come quelle che hanno composto loro… non so come questa band riesca a fare ciò che fa”.
L’ammirazione di Cobain nei confronti del gruppo di Stipe era immensa ed era anche ricambiata. Il cantante dei R.E.M., infatti, in seguito spiegò che nel brano Man On The Moon inserì un tributo all’amico, ossia la parte in cui ripete più volte “yeah, yeah, yeah, yeah”, un’espressione che ricorre spesso nei testi dei Nirvana. “Ho detto a Kurt che avrei scritto una canzone con un maggior numero di ‘yeah’ – spiegò Stipe – più di quanti lui abbia mai inserito nei suoi brani”.
Purtroppo, Kurt Cobain non realizzò mai quell’album che aveva in mente e che voleva comporre ispirandosi ai R.E.M.: “Avevo dimenticato che aveva espresso questo desiderio – ha commentato Stipe in un’intervista del 2011 per Interview – vorrei davvero che fosse ancora vivo. Era un grandioso compositore ed era in continua evoluzione”.
Prima della morte di Kurt, si parlò molto di una possibile collaborazione tra i due musicisti. In effetti, l’intento era quello di realizzare qualcosa insieme. Michael voleva cercare di aiutare il suo amico in quel periodo così tormentato per lui: “Volevo farlo per cercare di salvargli la vita – ha raccontato – quella della collaborazione fu una scusa per chiamarlo e parlargli. Stava vivendo davvero un brutto momento”.
Stipe conosceva bene la situazione dell’amico per un motivo ben preciso: in quel periodo i R.E.M. si trovavano a Seattle per lavorare al loro album e il chitarrista Peter Buck viveva proprio accanto alla casa dove abitava Kurt insieme a Courtney Love e alla loro figlia, Frances Bean, dunque lo vedeva spesso e sapeva che stava attraversando una fase difficile.
In realtà, Michael Stipe non intendeva realizzare un intero disco: “Il rumor su un possibile album è diventato quasi una leggenda – ha detto in proposito – ma in realtà io volevo semplicemente realizzare un progetto che riuscisse a strappare Kurt da quel suo stato d’animo”. Il frontman dei R.E.M. fece di tutto per cercare di aiutare Cobain e di convincerlo a trascorrere del tempo insieme a lui per fare musica: gli comprò persino un biglietto aereo e gli mandò a casa una macchina con un autista pronto a portarlo all’aeroporto. Kurt, però, si rifiutò di lasciare la sua casa. Nessuno può sapere come sarebbero andate le cose se il musicista dei Nirvana avesse accettato l’invito di Michael Stipe; per quest’ultimo ricordare quel periodo rappresenta ancora oggi un grande dolore, pur sapendo di aver provato a fare tutto ciò che era in suo potere per aiutare il suo amico.