Rock News
05/12/2019
Nel 1977 era il punk a dominare la scena musicale, grazie a band come i Ramones, i Clash e, ovviamente, i Sex Pistols. Tra critiche e censure, questa band irriverente, politicamente scorretta e musicalmente esplosiva aveva però conquistato il pubblico: è forse per questo che Capital Radio decise di andare controcorrente e di osare ciò che nessun altro aveva il coraggio di fare. Mentre tutte le altre emittenti si erano adeguate e avevano bandito i Sex Pistols dai propri programmi, questa radio indipendente si spinse oltre e chiese addirittura a John Lydon, meglio noto come Johnny Rotten, di partecipare a uno show radiofonico.
I rischi di una scelta simile sono facilmente immaginabili: il cantante era noto per spararle grosse, senza considerare che solo pochi mesi prima il famoso brano della band, God Save the Queen, non solo fu bandito dalla BBC, ma persino escluso dalle classifiche, anche se per le vendite gli sarebbe spettato il primo posto. In ogni caso, a preoccupare chi lavorava a Capital Radio probabilmente erano soprattutto i commenti che Johnny Rotten avrebbe potuto fare su band e artisti, visto che era solito distruggerli con poche taglienti parole.
Tuttavia, ospitarlo nel programma avrebbe di certo incuriosito gli ascoltatori, soprattutto se avesse fornito dei consigli di ascolto. Gli fu chiesto, non a caso, proprio questo: Johnny Rotten avrebbe dovuto parlare dei suoi dischi preferiti ed è proprio quello che fece, trasformandosi per una volta in DJ. Da questa conversazione è scaturita una playlist davvero interessante che spazia tra i generi: si va dal reggae (Peter Tosh, Makka Bees e Dr Alimantado), musica con la quale il cantante spiegò di essere cresciuto, fino a musicisti come Lou Reed, Neil Young, Kevin Coyne, Tim Buckley e moltissimi altri. In questa sua personale raccolta, Rotten inserì anche artisti che criticava ma dei quali in realtà apprezzava la musica, e non evitò di presentarli con commenti pungenti, come ad esempio David Bowie, definito come una “drag queen davvero brutta”.
Durante quell’intervista, il frontman non risparmiò critiche a nessuno, descrivendo la maggior parte dei musicisti a lui contemporanei come “stagnanti” e “prevedibili” e il sound di molte band degli anni ’60, ad esempio i Rolling Stones, come “terribile e graffiante”. Al di là delle sue opinioni personali, con questa selezione di brani in quel programma radiofonico Johnny Rotten dimostrò di essere non solo un abile provocatore, ma anche un intenditore di musica. “Non ho un mangiadischi in questo momento – spiegò il frontman – quindi devo far passare i dischi in giro, perché la musica è fatta per essere ascoltata e non per essere conservata in un dannato armadietto. Sì, amo davvero la mia musica”.
Ecco la playlist in questione:
Tim Buckley – ‘Sweet Surrender’
The Creation – ‘Life Is Just Beginning’
David Bowie – ‘Rebel Rebel’
Unknown Irish Folk Music / Jig
Augustus Pablo – ‘King Tubby Meets The Rockers Uptown’
Gary Glitter – ‘Doing Alright With The Boys’
Fred Locks – ‘Walls’
Vivian Jackson and the Prophets – ‘Fire in a Kingston’
Culture – ‘I’m Not Ashamed’
Dr Alimantado & The Rebels – ‘Born For A Purpose’
Bobby Byrd – ‘Back From The Dead’
Neil Young – ‘Revolution Blues’
Lou Reed – ‘Men Of Good Fortune’
Kevin Coyne – ‘Eastbourne Ladies’
Peter Hammill – ‘The Institute Of Mental Health, Burning’
Peter Hammill – ‘Nobody’s Business’
Makka Bees – ‘Nation Fiddler / Fire!’
Captain Beefheart – ‘The Blimp’
Nico – ‘Janitor Of Lunacy’
Ken Boothe – ‘Is It Because I’m Black’
John Cale – ‘Legs Larry At Television Centre’
Third Ear Band – ‘Fleance’
Can – ‘Halleluhwah’
Peter Tosh – ‘Legalise It’
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