Rock News
David Bowie, Tony Visconti racconta gli ultimi giorni del Duca Bianco: "A volte non ce la faceva, ma non l’ho mai visto così felice"
Il produttore: "Ha fatto Blackstar per tutti noi, è il suo regalo d'addio"
Gli ultimi anni della vita di David Bowie, secondo il suo amico e produttore Tony Visconti sono stati la sua più grande creazione, il culmine di un processo di trasformazione ed innovazione che durava da tutta la vita: «Ha sempre fatto quello che desiderava nel modo migliore possibile. La sua morte non è stata diversa dalla sua vita: è un’opera d’arte»
Mentre il mondo si chiedeva dove fosse, perché non facesse più concerti e non partecipava agli eventi, lui camminava per le strade di Soho il suo quartiere a New York, andava alle mostre d’arte, nei club underground e in un bar di fronte al suo appartamento su Lafayette Street, chiamato The Puck Fair a vedere le partite di calcio inglese, accompagnava sua figlia Alexandra a scuola nello stesso istituto frequentato dalla figlia di Dave Gahan e poi se ne andava in un piccolo studio tutto analogico di Manhattan, a due isolati da casa sua, The Magic Shop a registrare due degli album più belli e sicuramente più intensi e pieni di significato della sua carriera, The Next Day del 2013 e Blackstar del 2016.
Una sera David Bowie si presenta a sorpresa nel camerino di un locale di New York che ha frequentato in incognito per mesi, si presenta alla band jazz guidata dal sassofonista Donny McCaslin, composta da Mark Giuliana alla batteria, Tim Lefebvre al basso e Jason Lindner al pianoforte e gli dice: “Venite in studio con me e registriamo un album”. Bowie invia alla band delle demo nel dicembre 2014 e a gennaio 2015 iniziano le session di Blackstar che esce l’8 gennaio 2016, giorno del suo 69esimo compleanno e due giorni prima della morte il 10 gennaio. Un testamento incredibile, sperimentale e oltre ogni definizione in cui come ha raccontato Tony Visconti: «Abbiamo fatto di tutto per evitare il rock’n’roll».
Donny McCaslin ha detto: «Bowie sapeva esattamente cosa voleva, ha scelto noi perché eravamo una band molto unita e con una grande intesa e ci ha dato la libertà di suonare come volevamo». Bowie è malato di cancro al fegato, ma la band ha raccontato di aver lavorato ogni giorno dalle 11 alle 16, senza mai vedere in lui nessun segno della malattia. «C’erano dei giorni in cui non se la sentiva di andare in studio» ha detto Tony Visconti, «Ma quando si metteva davanti al microfono cantava con tutto sé stesso. Non l’ho mai visto così felice». L’esperienza di suonare con musicisti jazz così preparati e talentuosi lo esaltava: «Erano in grado di suonare qualsiasi cosa in qualunque momento, ed entusiasti della canzoni scritte da David» ha detto Visconti. «Eravamo elettrici, aggressivi, e questo gli è piaciuto di noi quando è venuto a vederci» ha spiegato il bassista Tim Lefebvre. Blackstar arriva a numero uno in classifica in Inghilterra, dove rimane per tre settimane e va anche al numero uno in America e vince in totale ben sei Grammy Award. Innovatore, genio, visionario, alieno, sperimentatore di suoni: David Bowie saluta il mondo che lo ha amato con una delle sue creazioni artistiche più straordinarie. 48 ore dopo l’uscita di Blackstar, viene annunciata la sua morte. «Ha fatto Blackstar per tutti noi» scrive Tony Visconti per ricordarlo, «È il suo regalo di addio. Sapevo da un anno che sarebbe stato così. Ma non ero pronto».