Red Hot Chili Peppers, Flea: "sento ancora la pressione di dover soddisfare le aspettative dei fan"

Michael Balzary detto Flea, bassista dei Red Hot Chili Peppers ha costruito il suo personaggio travolgente fin da quando era un ragazzino a Los Angeles e viveva con la madre (vicino a Steve Adler, futuro batterista dei Guns N' Roses) e il secondo marito Walter Urban, musicista jazz geniale ma incontrollabile. “Sono cresciuto terrorizzato dai miei genitori, per fortuna ho scoperto la musica e ho iniziato a fumare marijuana” ha scritto nella sua biografia Acid for the Children.

A scuola lo chiamavano Mike B the Flea perché non stava mai fermo, e il soprannome gli è rimasto addosso per rappresentare anche il suo modo frenetico, esplosivo e spettacolare di suonare il basso e di stare sul palco. In un’intervista con il programma televisivo 60 Minutes, Flea ha detto che ancora oggi a 60 anni e 40 anni dopo aver fondato i Red Hot Chili Peppers con Anthony Kiedis, suo compagno di scuola alla Fairfax High School di West Hollywood, ogni volta che sale sul palco con la band, suona come se fosse l’ultimo concerto della sua vita.

Ma nonostante la furia, il talento e l’energia che esprime sul palco, Flea sente anche la pressione di dover soddisfare le aspettative del pubblico: “A volte sono esausto, magari non ho dormito ma è il momento di dare spettacolo: ci sono persone che sono venute a vedermi e io le rispetto. Lavorano duramente, sono venuti a divertirsi. Voglio onorare la mia band, il pubblico e l’universo”. La sua presenza fisica è una conseguenza: “Devo esprimere fisicamente questi pensieri e rendere omaggio a tutti i più grandi intrattenitori nella storia della musica, da Frank Sinatra a Iggy Pop a Jimi Hendrix a John Coltrane. Avere questa visione è una parte fondamentale dei Red Hot Chili Peppers, siamo riusciti a mantenerla per molti anni e per questo ci sentiamo ancora rilevanti e pieni di vita”.