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Roger Waters e il rammarico di aver registrato The Wall coi Pink Floyd: "È un lavoro tutto mio"
“Loro non hanno la minima idea di cosa si tratti, non l’hanno mai avuta”
Secondo un famoso aneddoto, quando nel 1977 Roger Waters comincia a manifestare insoddisfazione e angoscia per le dimensioni del successo dei Pink Floyd, e a sviluppare una sensazione di alienazione durante il tour In The Flesh (fino al famoso episodio dello scontro con un fan salito sul palco durante un concerto a Montreal in Canada), il produttore Bob Ezrin gli consiglia di andare a parlare con il suo psichiatra. Roger Waters accetta e durante le sedute, confessa allo psicologo di voler “costruire un muro tra la band e il pubblico”.
Nasce così The Wall, undicesimo album dei Pink Floyd, pubblicato il 30 novembre 1979, l’album doppio più venduto di sempre con 30 milioni di copie (e secondo album più venduto della band dopo The Darsk Side of the Moon) e uno dei concept album più famosi al mondo. Fin dall’inizio, Roger Waters concepisce The Wall come un’opera totalmente personale, in cui ha espresso tutti i suoi pensieri, dubbi e paure in canzoni straordinarie, complesse e cinematografiche che conquistano il pubblico di tutto il mondo.
Un album senza tempo, che diventa simbolo di valori e idee che si ripetono nella storia della società contemporanea: nel 1990 Roger Waters porta in scena The Wall a Berlino per celebrare la caduta del Muro e poi ancora tra il 2010 e il 2013 con un live spettacolare carico di simbologie contro la guerra, l’imperialismo e la repressione. “Sarebbe molto gratificante per me che la gente sapesse che The Wall è sempre stato un lavoro mio e lo sarà sempre” ha detto Roger Waters, che negli anni della sua lunga disputa con gli ex compagni di band, è arrivato anche a criticare l’associazione inevitabile tra The Wall e i Pink Floyd, “Loro non hanno la minima idea di cosa si tratti, non l’hanno mai avuta”