Rock News
Johnny Cash, la storia dell'incredibile vita di Man In Black
Lo spirito ribelle del rock’n’roll prima ancora che il genere stesso esistesse
Si dice che Johnny Cash abbia impersonificato lo spirito ribelle del rock’n’roll prima ancora che il genere stesso esistesse. Cash è stato The Man in Black, un uomo trasgressivo e spirituale in conflitto con sé stesso, impegnato in una frenetica ricerca di libertà attraverso la musica e capace di raccontare la realtà vista dalla parte degli ultimi con i «tre accordi e la verità» che rappresentano l’essenza del country.
Un musicista che ha assunto l’identità artistica del fuorilegge (grazie anche ai leggendari concerti nei carceri di Folsom e Saint Quentin nel 1968 e 1969 e nella Tennesse State Prison nel 1976 ma anche nella prigione di Osteraker in Svezia), sempre in lotta contro le autorità e le ingiustizie sociali. «A volte sono due persone diverse: Johnny è una brava persona, Cash è quello che combina guai. Combattono tra di loro».
Nella sua carriera iniziata nel 1955 con i primi due singoli registrati per la Sun Records di Memphis (Hey Porter e Cry! Cry! Cry!), Johnny Cash ha pubblicato oltre 80 album attraversando la storia della musica americana dal folk al gospel dal blues al country al rock’n’roll, fino ad American IV: The Man Comes Around pubblicato il 5 novembre del 2002, l’ultimo prima della sua morte avvenuta il 12 settembre 2003 a 71 anni.
"The Gift" è il soprannome che venne dato alla sua incredibile voce: in un’intervista, Johnny Cash raccontò cosa gli disse sua madre quando lo sentì cantare per la prima volta da bambino. “Dio ha posato le sue mani su di te, non dimenticare mai il tuo dono”. “Quella fu la prima volta che mia madre parlò di questo: cantare, comporre canzoni per la mia voce… questo per lei era il mio dono”.
Entrò a far parte dell’Air Force One una settimana prima dell’inizio della guerra in Corea, ma alla fine fu spedito in Germania. Durante il servizio militare in Texas conobbe la sua prima moglie, Vivian Liberto: lei aspettò il suo ritorno dalla guerra, poi si sposarono ed ebbero quattro figlie, Rosanne, Kathy, Cindy e Tara. Durante la sua permanenza nell’esercito, Cash prestò servizio nel reparto radio e aveva il compito di ascoltare le comunicazioni. “Riusciva a comprendere come le parole riuscissero a combinarsi - ha spiegato il figlio John all'interno del documentario The Gift - e come i versi e i ritmi riuscissero a combaciare e a stare bene insieme”. Fu proprio in quegli anni che vide il film Inside the Walls of Folsom Prison, opera che lo ispirò per la composizione del famoso brano Folsom Prison Blues.
Dopo aver raggiunto un grande successo con l’etichetta Sun Records, a The Man In Black fu proposto un contratto con la Columbia Records e per convincerlo gli fu promesso che lavorando con questa etichetta avrebbe avuto una maggiore libertà per realizzare anche gli album gospel e i concept album che aveva in mente. In effetti, con la Columbia ebbe maggiore libertà di espressione e anche maggiore successo, ma questo, però, non gli evitò altri problemi, come l’abuso di droghe e il conseguente inizio della crisi con sua moglie Vivian: “Sia lei che le mie figlie soffrirono molto”, spiegò Cash in un’intervista.
A parte per le questioni personali, quegli anni furono importanti per la sua carriera che riuscì così a rendere concreto il suo proposito di raccontare le vicende che riguardavano i nativi americani: “Sarebbe bene ammettere gli errori che abbiamo commesso - disse il Man in Black in proposito - ciò che abbiamo fatto a queste minoranze, l’antisemitismo che ancora c’è nel nostro paese, l’odio verso i neri, gli immigrati, le donne, e quello che è stato quasi un genocidio degli aborigeni d’America”. Le radio opposero resistenza e non passavano i brani del disco del 1964 dedicato a queste tematiche, Bitter Tears: Ballads of the American Indian. Cash reagì a questa situazione con una dichiarazione al magazine di Billboard, definendo i DJ dell’epoca come dei “vigliacchi”.
JUNE CARTER
Johnny Cash e June Carter si incontrarono per la prima volta nel 1955 al Grand Ole Opry: ben presto iniziarono a fare dei tour insieme, lui come artista solista, lei come componente del gruppo The Carter Family. Tutto questo accadeva nei primi anni ’60: con il tempo, i due artisti si avvicinarono molto e tra di loro nacque un sentimento. Dopo 13 anni dal loro primo incontro, il 22 febbraio del 1968, Johnny chiese a June di sposarlo, durante un’esibizione live in Ontario. Il matrimonio fu celebrato il primo marzo del 1968 in Kentucky e il loro unico figlio, John, nacque il 3 marzo del 1970. Johnny divenne anche il patrigno delle prime due figlie di June che vivevano con loro.
I due erano profondamente innamorati: “Non riesco a ricordare nulla di ciò di cui parlammo durante il nostro primo incontro, se non i suoi occhi - scrisse in seguito June nelle note del box set di Johnny uscito nel 2000 con il titolo Love, God, Murder – quegli occhi neri che brillavano come due pietre di agata… aveva un controllo sulle sue performance che io non avevo mai avuto prima. Bastavano una chitarra, un basso e la sua presenza affabile per far diventare suoi ammiratori tutti, non solo me, ma un intero pubblico”.
Johnny e June continuarono a lavorare insieme per anni e si sostennero a vicenda anche nei momenti più bui delle loro vite, come quando lui dovette affrontare il problema della dipendenza dalle droghe. La coppia non si separò mai fino al 2003, quando a dividerli fu la morte.
L'ULTIMO ALBUM
American IV: The Man Comes Around è il quarto della serie di album realizzati per l’etichetta American Recordings con Rick Rubin a partire dal 1994. Quando Rick Rubin contatta Johnny Cash provato dai problemi di salute e dai tentativi di disintossicazione e ormai ai margini della scena musicale dopo averlo visto suonare ad un tributo a Bob Dylan nel 1992, gli dice una sola cosa: «Vorrei che facessi tutto quello che ti sembra più giusto».
Cash sceglie di tornare alle origini di sé stesso quando Sam Phillips della Sun Records aveva basato i suoi dischi sulla potenza espressiva della sua voce e registra da solo in acustico nella sua casa in Tennessee cantando canzoni di ogni genere ed epoca, da Tom Waits a Leonard Cohen, da Tom Petty agli U2, dai Soundgarden ai Depeche Mode rilanciando completamente la sua carriera e facendo conoscere la propria voce ad una nuova generazione attraverso i brani di decine di artisti influenzati dalla sua musica e della sua estetica.
Johnny Cash ha sempre detto che i dischi con Rick Rubin erano: «La musica che avrei sempre voluto fare». La sua versione di Hurt dei Nine Inch Nails registrata nel 2002 entra nella storia come una delle cover più struggenti e potenti di sempre, un pezzo ridotto all’essenziale in cui Cash sembra riuscire ad esprimere in modo definitivo tutte le sue riflessioni sulla vita e sulla morte che si avvicina. Il videoclip di Hurt viene nominato a sette Mtv Video Awards nel 2003 vincendone uno e lo stesso Cash che non ha mai amato i videoclip dice: «Ho sentito che stavamo facendo qualcosa di importante».
In una delle sue ultime interviste con il giornalista Kurt Loder, Johnny Cash ha commosso ed entusiasmato allo stesso tempo raccontando la sua vita avventurosa, la sua dedizione alla musica e l’amore per June Carter scomparsa il 15 maggio 2003 solo quattro mesi prima di lui, e davanti alle telecamere, con il volto segnato ma lo sguardo sempre acceso ha pronunciato una frase che rappresenta il suo testamento ricordando ancora una volta la sua indipendenza di pensiero: «Non puoi delegare a nessuno quello che vuoi fare, soprattutto quando ti viene da qui dentro» ha detto toccandosi il petto, «Non ho mai permesso a nessuno di dirmi che stavo sbagliando a scrivere e cantare delle droghe, della morte e dell’inferno».